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Dilemmi etici, parte integrante della professione sanitaria

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L’Infermiere si attiva per l’analisi dei dilemmi etici e contribuisce al loro approfondimento e alla loro discussione. Promuove il ricorso alla consulenza etica e al confronto, anche coinvolgendo l’Ordine Professionale.” È quanto afferma l’articolo 5 del Codice Deontologico delle Professioni Infermieristiche in materia di questioni etiche.

Ma cosa sono i dilemmi etici, a cosa servono, e come un professionista dovrebbe affrontarli? A queste domande ha provato a rispondere Alessandro Singali, infermiere referente della commissione etica dell’Ordine interprovinciale delle professioni infermieristiche Firenze-Pistoia, nella convinzione che «l’infermiere è consapevole che la questione o il dilemma etico connotano l’attività professionale e per questo si attiva nell’analisi degli stessi in quanto parte integrante delle pratica sanitaria».

Dottor Singali, che cosa si intende per “dilemma etico”?

«Il dilemma etico può essere definito come un conflitto decisionale tra principi concorrenti e/o contrastanti ma tutti eticamente corretti, all’interno di contesti complicati e di specifici livelli di responsabilità. Il matematico e giurista inglese John Fletcher Moulton ha definito l’etica come “the obedience to the unforceable” ovvero l’obbedienza all’inesigibile, all’incoercibile, in contraddizione con il concetto di legalità che si contraddistingue per l’obbedienza all’esigibile, mettendo in rilevanza quelle che sono le maggiori criticità dei sistemi complessi come le gradi organizzazioni, ma anche le fragilità interne alle professioni stesse. Lo spazio etico è uno spazio che deve essere costantemente manutenuto attraverso l’attivazione di pensieri e posizioni su scelte quotidiane. In assenza di ciò, il professionista rischia di perdere la capacità critica necessaria per affrontare le questioni etiche complesse che gli si possono presentare nello svolgimento della propria attività. Ogni rappresentante della professione, ma anche ogni modello organizzativo dovrebbero promuovere un “approccio olistico”, al fine di guidare e orientare i comportamenti dei propri professionisti sia per la costruzione di solide protezioni comportamentali (confini normativi e strutture fisiche), sia per lo sviluppo di “capacità decisionali etiche” (il rafforzamento del cosiddetto “spazio etico”). In questo consiste quello che viene definito come la “doppia chiave” cioè un sistema di rafforzamento dei comportamenti da un lato e potenziamento dello spazio etico dall’altro lato al fine di fare la cosa giusta».

Quali sono le caratteristiche del dilemma etico?

«I dilemmi etici devono essere strutturati in modo tale da evitare qualsiasi indicazione circa ciò che è giusto o sbagliato, esso non è un problema, in quanto, per definizione, non ha una soluzione esatta e soddisfacente. Fondamentale è capire che l’analisi del dilemma non fornisce un’indicazione all’utente sulla decisione da prendere o su un comportamento da attuare, poiché violerebbe il principio fondamentale dell’etica e cioè che l’individuo deve essere lasciato libero e autonomo di decidere senza l’ingerenza di nessuno. La persona deve essere messa in grado, da parte del professionista sanitario, di prendere la decisione più giusta per lui. Affrontare il dilemma etico sviluppa il ragionamento morale dell’individuo, concentrando la sua attenzione non tanto sulle conseguenze della sua decisione, ma sulle motivazioni alla base della decisione stessa».

Come si struttura un dilemma etico?

«La struttura di un dilemma etico è composta da: una situazione, una decisione da assumere, delle argomentazioni alternative che evidenziano le motivazioni di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata. Identificata una questione etica ritenuta professionalmente rilevante, questa sarà sviluppata in una determinata situazione, attraverso la descrizione del caso oggetto di “situazione dilemmatica” che non implica violazione di leggi o regolamenti vigenti. Le principali questioni etiche che connotano la professione devono essere situazioni concrete che si riferiscono esclusivamente allo “spazio etico” dell’individuo all’interno dello specifico professionale. In altre parole, devono interessare decisioni e comportamenti che vanno oltre la legalità e per le quali il soggetto non ha capacità razionale di scegliere un’azione per carenza di informazioni o di valori morali di riferimento oppure per insorgenza di situazioni conflittuali generati dai diversi obblighi personali/morali/spirituali.

Gli ambiti delle questioni etiche possono essere individuati a partire dai “principi etici e bioetici” nonché dai contenuti del nostro Codice Deontologico, sviluppando la cosiddetta “zona grigia”, ossia ciò che non è espressamente normato».

Successivamente c’è una decisione da prendere …

«Scelta la situazione, viene proposta una domanda relativa alla decisione da assumere (ad esempio, “Dovrebbe…”, “Non dovrebbe…”, “Non so decidere”). Particolare attenzione va posta sulle scelte quotidiane che automaticamente ogni professionista prende e che sono diventate abitudini. Qui entrano in gioco le argomentazioni alternative».

Ovvero?

«Il decisore può decidere sulla base di un approccio teleologico (ossia considerando le conseguenze di ogni azione ed eliminando quelle con conseguenze indesiderabili), deontologico (eliminando le azioni che non sono coerenti con principi universali ed astratti), dell’etica delle virtù (ossia eliminando quelle azioni che sono considerate espressioni del vizio e non virtuose)».

C’è uno schema, un’indicazione di massima da poter seguire?

«In generale, per analizzare e valutare una situazione dilemmatica può essere utile procedere secondo una check list:  identificazione del problema etico, situazione e soggetti coinvolti; analisi della situazione problematica e dei portatori d’interesse coinvolti; identificazione delle alternative di soluzione e motivazioni alla base delle stesse; analisi etica delle motivazioni in relazione alla teoria etica di riferimento; riflessione critica etica e valutazione delle alternative di soluzione e loro motivazione; decisione circa l’azione eticamente accettabile»

Quale consiglio darebbe ai suoi colleghi che si trovano ad affrontare dei dilemmi etici?

«Quanto più spesso affrontiamo una scelta, piccola o grande che sia, quanto più diventeremo “allenati” a farlo, imparando ad ascoltaredavvero noi stessi, a prenderci le responsabilità e a dirigere consapevolmente la nostra vita professionale. Le questioni etiche vanno gestite coinvolgendo, oltre agli utenti destinatari, gli altri portatori di interessi (stakeholder) poiché un assioma fondamentale è che i “dilemmi Etici non si risolvono da soli!”».

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