L’ipotesi di reato con la quale Denis Verdini e’ stato indagato dalla Procura di Firenze, nell’ottobre 2011, insieme ad altri vertici del CCF, ovvero associazione per delinquere finalizzata ad appropriazione indebita, si aggraverebbe passando a bancarotta fraudolenta perche’ commessa nell’ambito di una procedura concorsuale. Si ipotizza che l’Istituto di Verdini abbia concesso una parte delle proprie risorse, non rispettando le regole del credito cooperativo. In particolare, fra i beneficiari di flusso, compare l’impresa Fusi Bartolomei.
Nella sentenza si legge che “a fronte di previsione di perdita per 19 milioni di euro, emersa in sede ispettiva, i Commissari hanno infatti accertato, nel corso della procedura, previsioni di perdita per ulteriori 80 milioni di euro, di cui 70 circa da ascrivere alle iniziative riconducibili al gruppo ‘Fusi Bartolomei’ e alla famiglia del Presidente (Verdini, ndr)”. Si legge inoltre che “la crisi di liquidita’ e di redditivita’ “che affliggeva l’Istituto al momento della richiesta di liquidazione coatta amministrativa da parte dei commissari liquidatori” sono ritenute “indici rivelatori dello stato di insolvenza”. Stato di insolvenza che “si desume dall’incapacita’ di far fronte alle proprie obbligazioni e quindi in una crisi di liquidita’ generata da crisi di redditivita'”. Il tribunale fallimentare ha rigettato l’istanza di Verdini e degli altri soci, accogliendo interamente la richiesta della Procura fiorentina. Nella sentenza di dichiarazione dello stato di insolvenza della Banca di Credito Cooperativo fiorentino, si legge che “appaiono tutti provati gli elementi che giustificano la dichiarazione di stato di insolvenza della Banca di Credito Cooperativo fiorentino in liquidazione coatta amministrativa”.