“Voglio vincere tutto!”
“Il tecnico perfetto non esiste. Esiste il più vincente in un determinato momento che non è necessariamente quello che porta a casa coppe o scudetti, ma piuttosto è un tecnico capace di dare un’impostazione a un gruppo e di ottenere risultati pur non avendo a disposizione undici campioni”.
Roberto Mancini
Nel febbraio del 2001 assume la guida della Fiorentina prendendo il testimone da Fatih Terim. Erano i tempi bui per la Fiorentina con Vittorio Cecchi Gori in crisi di denaro. A dirigere le sorti della società era stato chiamato il giornalista Sconcerti. La squadra, priva di Batistuta venduto alla Roma e di Toldo venduto all’Inter per fare cassa, non stava andando bene. Sconcerti che era un dirigente della Fiorentina puntò tutto su Mancini, nonostante molti dubbi all’interno della società. Poi arrivò il Brescia con Baggio autore di due gol. Così Terim fu costretto a lasciare Firenze per lasciare il posto a Mancini. A Marzo delo stesso anno anche Sconcerti lasciò la Fiorentina su pressione di Luna.
Ma intanto Mancini aveva preso possesso della sua prima panchina come allenatore di una squadra di serie A
Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo e l’esperienza alla Lazio come secondo di mister Sven-Göran Eriksson, per Roberto inizia il percorso da allenatore di una prima squadra. Per la prima volta ha la responsabilità di una panchina tutta sua e l’avventura comincia nel migliore dei modi con la conquista di un trofeo dopo pochi mesi dal suo insediamento. La squadra viola, nonostante Mancini fosse arrivato a stagione in corso, vince subito la Coppa Italia pareggiando 1-1 con il Parma dopo averlo battuto in casa all’andata.
Rimane sulla panchina della Fiorentina fino al gennaio 2002.
Così Sconcerti ricorda l’arrivo di Mancini alla Fiorentina
“C’è una cosa misteriosa e geniale che ha portato Mancini a diventare allenatore: furono due gol di Baggio alla Fiorentina quando in un febbraio lontano vent’anni giocava ancora nel Brescia. Questi due gol cacciarono Fatih Terim dalla panchina della Fiorentina e costrinsero me, che ne ero un dirigente, a cercare il sostituto. Presi Mancini ma nessuno lo voleva, i vecchi tecnici sentivano che Mancini era predestinato, lo era sempre stato. Mancini lavora continuamente sui suoi particolari. Ama i dettagli perché lo migliorano, non perché ce ne sia bisogno”.