di Lorenzo Ottanelli
Renzi, ormai da qualche tempo, non ne fa una giusta. Il motivo? Cercare di prendere consensi dove i consensi non ci sono, quasi una strategia autodistruttiva, cominciata con la scissione dal Pd, inevitabile. Perché Renzi non è di sinistra, probabilmente non lo è mai stato. Un soggetto di centro, che guarda a destra. I continui corteggiamenti tra i due Mattei lo dimostrano. Ma quel target è saturo: non essere né carne né pesce, politicamente, non paga.
L’ultimo bersaglio del senatore di Scandicci è il Reddito di Cittadinanza, o RdC (per chi ama gli acronimi). Sbagliato, dice il fondatore di Italia Viva, perché rende l’idea che si può stare senza lavorare, tanto a pagarci ci pensa lo stato. Il problema reale, nelle dichiarazioni è tutto ciò che precede: ‘i ragazzi devono capire che bisogna soffrire, sudare, rischiare’. Quindi il RdC è diseducativo. Facciamo un referendum per eliminarlo. Tuttavia, Renzi non si rende conto del mondo in cui vive, forse. Perché nell’intervento fa una premessa: in un mondo che investe su nanotecnologie e big data ai ragazzi va detto ‘studiate, rischiate, se poi fallite vi diamo una mano’.
È proprio questo il punto debole della sua argomentazione. I giovani già lo fanno. Certo, essere pagati 4 euro l’ora, forse non ci piace. Certo, forse studiamo tanto ma poi fatichiamo a trovare il lavoro. Certo, forse i centri per l’impego che Renzi voleva riformare non funzionano. Perché? Perché normativamente si è andati nella giusta direzione, sarebbe stato giusto avvicinare la domanda e l’offerta, così come avviene nei paesi scandinavi, che da sempre utilizzano una struttura pubblica per un mercato del lavoro dinamico, che è flessibile e con lo spettro del precariato dietro l’angolo. In Italia operativamente non sono mai state messe in campo risorse né umane né monetarie affinché questo potesse avvenire. Ora, quindi, siamo al punto di partenza: i centri per l’impiego non funzionano, la domanda e l’offerta non si incontrano e i giovani vengono poco pagati, in settori diversi da quelli in cui hanno studiato.
C’è dell’altro: in un mondo sempre più digitalizzato e dinamico, il lavoro diventa flessibile e precario, la necessità di un sussidio nei periodi di disoccupazione diventa inevitabile (lo hanno in quasi tutta Europa, anche nel liberale Regno Unito). In Italia si deve intervenire sui centri per l’impiego, sulla formazione lungo tutta la vita, capendo che ci si può rimettere in discussione. Ma non può il singolo sobbarcarsi tutto da solo. Perché la formazione costa, perché essere disoccupati è un problema, oggi sempre di più, in un mercato in espansione, dove i prezzi crescono e i salari rimangono stabili o scendono.
Non esiste il bianco o il nero. Il referendum sul reddito voluto dai grillini è un grande slogan, niente di più. Il Reddito deve essere rivisto, ben strutturato, ma non eliminato. Eliminarlo significherebbe per prima cosa alzare il tasso di povertà, quindi ridurre la capacità di spesa dei propri cittadini. Tuttavia, così come è adesso è un sussidio a vita. È questo l’errore: va riformato, non cancellato. Mentre tutta la retorica sui giovani, per lui che dice di rivolgersi ai meno anziani, è solo una retorica neoliberale, che ormai ha fatto il suo tempo.