Un po’ taciuta e poco conosciuta al grande pubblico, la crisi dei semiconduttori o, per semplificare, dei microchip è un problema per le industrie.
Tutto è cominciato con il dicembre del 2020. La pandemia ha richiesto maggiori device elettronici, a causa dello smartworking e della DAD (ma non solo). Questo ha prodotto una richiesta di microprocessori più alta del 13,2% a gennaio 2021. Prima della pandemia, però, le aziende avevano acquistato materie prime in base alla produzione recente, perché il mercato dei computer era in calo e quello degli smartphone ormai stabile.
Oggi, quindi, scontiamo il fatto di non avere microprocessori, che non servono solo per la produzione dei device elettronici, ma ormai anche per gli elettrodomestici e per le auto. I due comparti industriali, infatti, sono in difficoltà nella produzione perché le aziende produttrici non riescono a contenere la domanda.
Anche sui device elettronici iniziano i problemi. Alcune case produttrici hanno ritardi nella consegna e gli smartphone, così come i computer, vengono prodotti in quantità minori.
Le aziende produttrici di semiconduttori e microprocessori sono tutte in Asia: India, Cina, Taiwan, Corea. Gli Stati Uniti sono tra i maggiori esportatori (47% del mercato) ma la produzione interna è solo del 12%.
La notizia di questi giorni è che lo stabilimento di Melfi di Stellantis dovrà essere messo in pausa dalla produzione per un mese per colpa della crisi. E questo rende il mercato dell’auto ancora più in crisi, dopo il calo di vendita degli ultimi anni.
Quando finirà la crisi? Secondo alcuni esperti non prima dell’anno prossimo o del 2023. L’amministrazione Biden sta correndo ai ripari finanziando nuove fabbriche di semiconduttori. Tuttavia, la crisi sarà lunga, i microprocessori pochi e le aziende dovranno fare i conti con una situazione difficilmente gestibile.