Come potevamo immaginare, Putin e il suo partito tornano a vincere le elezioni in Russia. Nel mondo accademico qualcuno ha voluto chiamarla democrazia illiberale: le elezioni ci sono, ma non sono libere (e per questo ci si chiede: è possibile che una democrazia possa fare a meno della libertà?).
Lo scrutinio non si è ancora concluso, ma all’80,1% della conta dei voti, Russia Unita vince con il 49,42 per cento dei voti. Ciò significa che riuscirà a eleggere la metà dei deputati della Duma (il parlamento russo).
Aumentano i consensi per il Partito comunista, al 19,28 per cento (erano sotto il 14% cinque anni fa). Si fermano, invece, al 7,55 i Liberaldemocratici. Il Partito di Russia Giusta è al 7,3 per cento e Nuovo popolo, il quinto partito entrato alla Duma, al 5,37.
Putin si spinge oltre e annuncia che il suo partito ha conquistato i due terzi della Duma. Il segretario del Consiglio generale del partito, Andrei Turchak, ha spiegato che sono stati conquistati almeno 315 seggi sui 450 a disposizione. Con questa maggioranza sarebbe possibile riformare la Costituzione.
Intanto abbiamo la conferma che le elezioni non si sono svolte liberamente. I partiti di opposizione hanno denunciato irregolarità: la presenza di schede elettorali maggiori dei votanti, la compravendita di voti e la poca sorveglianza ai seggi.
Russia Unita tiene ma è in calo di almeno cinque punti percentuali rispetto alle scorse elezioni. Tanti i problemi: dall’economia alla pandemia, passando per la politica internazionale.