“Il mio Andrea è un prigioniero politico. Il mio Andrea, il padre della mia bambina, è stato sequestrato, non arrestato. Portato via un giorno di fine marzo, il 21 novembre prossimo saranno otto mesi, e chiuso in una cella del carcere di Abu Dhabi senza alcun capo di imputazione, senza la possibilità di vederlo, di parlarci. Senza che l’avvocato che continuo a pagare profumatamente, riesca anche solo ad avere in mano un fascicolo. Mi rivolgo alle istituzioni, alla Farnesina, al ministro della Difesa Guerini, vi prego, riportate a casa il mio compagno. Sta male, ed io ho bisogno di lui”. A parlare all’Adnkronos è Stefania Giudice, compagna di Andrea Costantino, il trader milanese del petrolio arrestato a Dubai senza un’accusa e senza esser mai stato interrogato e da allora recluso nel carcere di al Wathba.
“Stamattina, come ogni martedì e domenica, l’ho sentito al solito sei minuti – racconta Stefania – Non sta bene, dorme per terra, mangia per terra e ormai i chili persi sono 25. E’ una situazione da film dell’orrore, Andrea era la persona giusta al momento giusto per fare pressioni sul governo italiano sull’embargo che deve essere sbloccato. Nostra figlia chiede del papà, io devo restare lucida per lei ma è tutto troppo difficile”. Andrea Costantino, che a Dubai passava la maggior parte del suo tempo per lavoro, è stato portato via sotto agli occhi della compagna e della figlia di 4 anni senza motivazione.
“Andrea adorava Dubai, ci si è sempre trovato benissimo – prosegue Stefania – non ha mai avuto problemi, nemmeno una multa non pagata – continua la compagna – Conosceva regole, comportamenti. Poi il 15 marzo siamo ripartiti insieme dall’Italia perché doveva riprendere l’attività dopo il Covid. Eravamo tranquilli in hotel quando il 21 marzo mi hanno chiesto di raggiungere mio marito nella hall perché doveva dirmi qualcosa. ‘Mi stanno portando ad Abu Dhabi, ma ti giuro non so perché, chiama l’ambasciata, chiama il consolato’ è riuscito a dirmi prima che lo portassero via. Lo hanno fatto entrare in ascensore e da quel momento non l’ho più visto. Quando sono entrata in stanza era tutto a soqquadro, le valigie aperte, i giochi della bambina sparsi ovunque, materassi ribaltati, e i telefonini e il computer di Andrea spariti. E’ stato lì che è iniziata la mia odissea”.
Ricorda ancora Stefania: “Era domenica, il giovedì successivo mi hanno detto che era in carcere e non si sapeva il motivo. Non abbiamo saputo nulla di lui fino al 20 aprile, quando c’é stata la prima visita consolare, me lo hanno fatto sentire il 27 maggio. Ho preso un avvocato, solo per aprire la pratica ho pagato 12mila euro – continua – Fino al 7 settembre scorso ad Andrea non è stato concesso nemmeno di firmare la procura, di parlare con il procuratore, con l’avvocato. Tuttavia, anche dopo la firma della procura, non è stato possibile accedere al fascicolo, far parlare l’avvocato con Andrea. Il 14 ottobre scorso è stata fatta l’ultima di quattro visite consolari all’interno dell’ufficio del procuratore generale. Poi il nulla”.
Da qui l’appello straziante di Stefania: “E’ importante che il governo italiano faccia dei passi per la sua liberazione, che il Ministro Guerini vada all’Air Show a Dubai, che si adoperi per riportare a casa Andrea. Il motivo per cui il mio compagno è lì è l’embargo di tutti i prodotti della Difesa, dalle bombe ai pezzi di ricambio della pattuglia acrobatica emiratina Al Fursan. Andrea sta pagando colpe non sue e molto più grosse di lui, mi ha detto di sentirsi abbandonato dalle istituzioni, dal suo Paese. Ed effettivamente la Farnesina non fa che dirmi che stanno lavorando, mentre la situazione ad oggi è identica al 22 marzo: il padre di mia figlia è lì senza accuse, senza possibilità di difesa o di vedere nessuno. Nonostante mi dicano che sono mesi che si prodigano per la situazione”.
(di Silvia Mancinelli)