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“Domanda di centro forte contro radicalismi”

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“Il centro è sempre un luogo cruciale della politica italiana. Ne governa la realtà oppure l’immaginazione. E’ una prassi consueta e quasi tediosa o invece a volte ne diventa una fantasia, quasi un delirio onirico. Sarà che per mezzo secolo il paese è stato democristiano, ma non appena si apre il cantiere delle grandi manovre politiche c’è sempre chi riannoda verso il passato centrista i fili della nostra collettiva immaginazione scommettendo sull’infinito ritorno del sempre uguale. Il partito, o il polo, o la cosa di centro. 

Il fatto è che la lunga abitudine del cinquantennio imperniato sulla Dc ha lasciato un segno. E la magra soddisfazione che si ricava dai suoi molti successori ha reso quel segno ancora più vistoso e perfino accattivante. Così, il tema è sembrato tornare d’attualità, e ora tra Renzi, Calenda e tutti i loro dintorni si sta nuovamente discutendo della possibilità di una forza di interposizione che ci metta al riparo dagli opposti radicalismi. A destra, quello di Salvini e Meloni, eccessivo a volte perfino per Berlusconi. A sinistra, quello di un Pd costretto e quasi avvinto al legame con i 5 stelle. 

La crescita dell’astensionismo un po’ dappertutto e il buon risultato di Calenda in quel di Roma sembrano dirci ora che quello spazio si va allargando. E una certa delusione per gli esiti della seconda e poi della terza repubblica legittima sia la ricerca di qualcosa di nuovo che non s’è ancora trovato che il rimpianto verso qualcosa di antico che non s’è ancora dimenticato. 

In altre parole la domanda di centro appare forte. E’ la risposta, semmai, che appare più debole. E infatti, in attesa di conoscere la nuova legge elettorale (se mai ci sarà), i diversi frammenti che dovrebbero dar vita a un nuovo progetto sembrano fare non poca fatica a mescolarsi e omogeneizzarsi tra loro. Renzi e Calenda non perdono occasione per punzecchiarsi a vicenda. E quel che resta del ceto politico che fu democristiano sembra a sua volta avere allegramente disimparato quel costume fatto di pazienza e di reciproca sopportazione che fu uno dei lasciti dei loro stessi padri. 

Ora, tutto ciò sia detto senza offesa. Renzi e Calenda sono, ciascuno a modo proprio, due figure di valore. Lo dico io che non ho mai battuto le mani al loro passaggio in corteo. Ma quel loro carattere così irrequieto, così assertivo, a tratti così imperioso, quel loro modo sempre vigile e nervoso di partecipare al quotidiano rodeo delle dichiarazioni, quella loro insofferenza verso ogni critica, quella loro impazienza diversa eppure simile, insomma quel loro modo di essere tanto combattivo e sempre così immediato e diretto, secondo l’uso del tempo, tutto questo finisce per essere il grande limite della capacità di attrazione dell’uno e dell’altro. Senza contare tutti gli altri che dal versante che fu democristiano si vorrebbero cimentare nella stessa impresa.  

E’ proprio l’eccesso di individualismo che rende assai difficoltosa e quasi improbabile la costruzione di un nuovo soggetto. E’ pur vero che oggi i partiti si nutrono del culto dei loro leader, e sopportano con fatica anche solo l’idea di una minima dialettica al loro interno. Ma il centro avrebbe senso solo se fosse capace di violare questo tabù. E invece di consegnarsi a un capo baldanzoso e sicuro di sé, fosse in grado di offrire un diverso modello di guida rispetto a quelli che da un po’ di tempo in qua vanno per la maggiore.  

In altre parole il centro ha significato (e prospettive) se diventa un luogo che si nutre di pazienza, prudenza, misura. Se gira alla larga dalla politica più nervosa e muscolare che oggi va tanto di moda. Se sperimenta forme di convivenza tra le sue anime (chiamiamole così, per un vezzo antico). Se rinuncia a praticare il culto del proprio capo. Se impara a litigare senza lasciarsi andare a troppe esagerazioni. In una parola, se impara il senso del limite, anche e soprattutto verso se stesso. 

Si dirà che i tempi sono cambiati, e che questo tipo di politica, fin troppo tranquilla, non va più di moda. Tanto più ora che i social concorrono grandemente a renderla così insofferente. E in effetti sembra esserci quasi un conflitto cosmico tra l’impazienza della nostra epoca e la pazienza eccessiva del centro di una volta. Resta il fatto che una forza intermedia avrebbe un suo perché solo se fosse capace di sottrarsi al modello politico che oggi va per la maggiore. Con tutti i dubbi che questa nobile impresa infine possa riuscire”. 

(di Marco Follini)