“Che si tratti di sport di squadra o individuali, e a meno che non preveda contatti fisici violenti, ogni sport può essere adatto al paziente con emofilia. In passato si ragionava in modo opposto, indicando al paziente la via più sicura per non incappare in emorragie: non fare nulla, evitare sport e altre attività e restare protetto sotto una campana di vetro per scongiurare ogni pericolo. Naturalmente non è una strategia vincente, soprattutto se si tratta di pazienti pediatrici o comunque molto giovani. Il tempo libero e lo sport sono importanti e convivere con una malattia rara non dovrebbe essere percepito come uno stigma”. Lo ha dichiarato Matteo Di Minno, professore associato di medicina interna presso il Dipartimento di scienze mediche traslazionali dell’università Federico II di Napoli, durante il suo intervento alla quarta edizione della campagna di sensibilizzazione sull’emofilia ‘Ridisegniamo l’emofilia’, promossa da Roche Italia con il patrocinio della Federazione delle Associazioni emofilici (FedEmo) e della Fondazione Paracelso Onlus.
“L’interazione con l’altro e il benessere fisico e psicologico che offre lo sport – ha sottolineato l’esperto – sono elementi cruciali per ridurre sempre più percezione di ‘diversità’ che spesso riguarda i pazienti con emofilia”.