Un telegiornale meno “paludato” rispetto a quello della televisione di Stato, con un carattere più informale, pronto a dare più spazio alla cronaca. Ma anche a caccia di scoop e rigoroso nel racconto delle crisi del tempo, come ad esempio quella di Tangentopoli. Il successo del Tg5, che domani compirà 30 anni, è il frutto di un grande “gioco di squadra”. Emilio Carelli, che nel 1992 ha partecipato alla fondazione del Tg5 come vicedirettore e conduttore dell’edizione delle 13, ricorda così con l’AdnKronos i primi tempi di quell’avventura televisiva sottolineando che lo scontro col Tg1 “fu subito un successo”.
“Innanzi tutto – racconta Carelli – ho un ricordo di quel giorno, di quel 13 gennaio del 1992: eravamo tutti molto emozionati, molto carichi, mettevamo veramente tutta l’anima nel fare un telegiornale nuovo e diverso anche se non ci rendevamo conto, forse, del momento storico del giornalismo italiano che stavamo vivendo. Un momento che avrebbe poi cambiato il modo di fare l’informazione televisiva. Avevamo le idee ben chiare guidati da Enrico Mentana che, pur essendo giovane, aveva idee chiarissime: fare un Tg molto meno paludato del Tg1 dell’epoca che era un telegiornale che apriva sempre sulla politica, che metteva la cronaca agli ultimi posti. Noi sgombrammo il campo da tutti questi pregiudizi. Eravamo anche disposti ad aprire con un grande fatto di cronaca quando c’era”.
“La cosa bella – continua Carelli – era che molti prevedevamo che il fatto che ci scontrassimo con il Tg1 delle 20 fosse una sorta di fallimento. E invece fu da subito un grande successo. La gente percepì che usavamo un linguaggio nuovo, molte immagini, un criterio di scaletta totalmente diverso è fu un successo”. A questo proposito Carelli sottolinea che “Enrico Mentana fin da subito disse ‘niente gobbo’. Eravamo tutti invitati a raccontare le notizie con le nostre parole. E questo era importante e la gente lo percepì. Fu una rivoluzione anche per tutta una serie di scoop che abbiamo fatto. Mi ricordo la prima intervista televisiva a Erich Priebke, oppure il racconto del rapimento del piccolo Farouk Kassam, una storia nella quale giocammo un ruolo di primissimo piano”.
“E poi – sottolinea Carelli – devo ricordare il modo serio e rigoroso con cui seguimmo Tangentopoli. Il Tg5 dimostrò di essere, attraverso Andrea Pamparana, anche il più preparato. Una delle motivazioni del successo fu il grande gioco di strada che abbiamo realizzato con Lamberto Sposini, Clemente Mimun, Cesare Buonamici, Cristina Parodi. Eravamo uniti, eravamo una squadra, anche di amici, molto affiatata. C’era grande stima reciproca, grande disponibilità a sopportarci e quello fu un po’ il segreto della ricetta. Eravamo guidati da quello che considero il numero uno dell’informazione televisiva in Italia, Enrico Mentana, con il quale è rimasto da parte di tutti noi un grande rapporto di stima e amicizia”.