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Covid oggi Italia, “frena crescita contagi ma aumentano morti”

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Frena l’incremento dei contagi covid (+3%) in Italia ma i decessi aumentano del 49,7% in 7 giorni. E’ quanto emerge dal monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe nella settimana 12-18 gennaio, rispetto alla precedente. si registra “una stabilizzazione dei nuovi casi a quota 1,2 milioni e un aumento delle ospedalizzazioni (+2.381) dei pazienti in area medica e in terapia intensiva (+38)”.  

Nel dettaglio della crescita dei decessi, dal report emerge che sono “2.266 negli ultimi 7 giorni (di cui 158 riferiti a periodi precedenti), con una media di 324 al giorno rispetto ai 216 della settimana precedente”. 

“Una frenata nazionale della curva che risente di situazioni regionali molto diverse”, commenta Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe. “Resta alta la pressione sugli ospedali – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi sanitari della Fondazione Gimbe – in cui i posti letto occupati da pazienti Covid continuano ad aumentare, seppur più lentamente: rispetto alla settimana precedente +14% in area medica e +2,3% in terapia intensiva”. Al 18 gennaio, “il tasso di occupazione nazionale da parte di pazienti Covid è del 29,8% in area medica e del 17,8% in area critica. Ad eccezione di Molise e Sardegna, tutte le Regioni superano la soglia del 15% in area medica, con la Valle d’Aosta che raggiunge il 57,1% – evidenzia il report – ad eccezione di Basilicata e Molise, tutte superano la soglia del 10% in area critica”. 

“In lieve flessione gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Marco Mosti, direttore perativo della Fondazione Gimbe – la cui media mobile a 7 giorni scende a 141 ingressi al giorno rispetto ai 146 della settimana precedente”. 

La recente introduzione dell’obbligo vaccinale per gli over 50 “inizia a mostrare i primi effetti visto che in questa fascia anagrafica i nuovi vaccinati sono 128.966 (+28,1% rispetto alla settimana precedente)”, emerge ancora dal monitoraggio. “A partire dalla data di introduzione dell’obbligo vaccinale per gli over 50, la media mobile a 7 giorni dei nuovi vaccinati per questa fascia anagrafica è passata da 9.549 dell’8 gennaio a 19.845 il 15 gennaio per poi stabilizzarsi intorno a quota 18.500; nella fascia 5-11 anni dopo il picco di 38.624 registrato il 9 gennaio si è stabilizzata intorno a 35.000 nuovi vaccinati al giorno; stabile la fascia 20-49 e in leggero ma progressivo calo quella 12-19”, precisa il report. 

Sono “inapplicabili e rischiose le richieste delle Regioni di modificare le definizioni di caso e ricovero Covid-19 e di mantenere in servizio gli operatori sanitari positivi. Condivisibili, ma da integrare, quelle relative al contact tracing e alle scuole primarie”, è il giudizio della Fondazione Gimbe sulle proposte fatte dalle Regione di modificare l’attuale normativa Covid. “In uno scenario ancora critico – spiega Cartabellotta – caratterizzato dall’elevata circolazione del virus e da una rilevante occupazione dei posti letto ospedalieri da parte dei pazienti Covid, le Regioni hanno messo sul tavolo varie proposte da discutere con il Governo, per semplificare la fase di convivenza con il Sars-CoV-2, su cui la Fondazione Gimbe ha condotto una puntuale analisi”. 

Ecco dunque l’analisi di Gimbe. Sulla possibile modifica alla definizione di caso Covid: “Dal momento che la maggior parte delle persone positive al Sars-CoV-2 sono asintomatiche o paucisintomatiche, ma possono trasmettere il contagio, non è possibile, ai fini della sorveglianza dell’epidemia, modificare la definizione di caso Covid, includendo – come proposto dalle Regioni – solo chi, a fronte di un tampone positivo, è anche sintomatico. Peraltro, a fronte di una definizione di caso condivisa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dall’European Centre for Disease Control, non sarebbe giustificabile introdurre una modifica nazionale, anche ai fini della sorveglianza epidemiologica internazionale”, avvertono gli esperti della Fondazione. 

Sulla possibile modifica alla definizione di ricovero Covid: la proposta delle Regioni di non considerare come pazienti Covid i ricoverati per altra patologia a cui viene riscontrata una positività occasionale al SARS-CoV-2 è “inapplicabile e rischiosa per varie motivazioni”, precisa Gimbe che parte da quelle cliniche. “Parliamo di malattia multisistemica che colpisce numerosi organi e apparati e definire lo status di asintomaticità è molto complesso, specialmente nei pazienti anziani con patologie multiple – osserva – inoltre, la positività al Sars-CoV-2 può peggiorare la prognosi di pazienti ricoverati per altre motivazioni, anche in relazione all’evoluzione della patologia/condizione che ha motivato il ricovero e alle procedure diagnostico-terapeutiche attuate”. 

Poi organizzative: “La gestione di tutti i pazienti Sars-CoV-2 positivi, indipendentemente dalla presenza di sintomi correlati alla Covid, richiede procedure e spazi dedicati, oltre alla sanificazione degli ambienti – spiega Gimbe – Di conseguenza, risulta molto difficile riorganizzare in tempi brevi la gestione degli asintomatici senza risorse aggiuntive, in particolare locali e personale”. E motivazioni medico-legali e amministrative: “La responsabilità di assegnare il paziente ricoverato ad una delle due categorie, con tutte le difficoltà e le discrezionalità del caso, è affidata al personale medico e alle aziende sanitarie”. 

Sulla possibilità di modificare il contact tracing. “Con l’attuale numero di positivi il contact tracing non è sostenibile né fattibile, né può contribuire in maniera efficace a rallentare la crescita dei casi. Se dunque è condivisibile l’obiettivo di alleggerire la pressione sui servizi sanitari territoriali, la proposta delle Regioni di riservarlo ai casi sintomatici non è basata su evidenze scientifiche, perché oggi l’elemento discriminante dovrebbe essere rappresentato dallo status vaccinale, dal momento che i vaccinati si infettano meno e, soprattutto, trasmettono meno il virus”, avverte Gimbe. 

Sulle richieste che riguardano le scuole primarie. “Appare ragionevole la proposta delle Regioni che chiedono che, in caso di una positività in classe, in attesa del tampone T0 gli studenti rimangano presso il domicilio senza frequentare né la scuola, né le attività comunitarie. In caso di Dad, si suggerisce di valutare la possibilità di interrompere la quarantena per recarsi al centro vaccinale con mascherina Ffp2 se al T0 si risulta negativi”, precisano gli esperti. 

Sulle modifiche che riguardano gli operatori sanitari. “Nei primi 18 giorni di gennaio 2022 si sono registrati 36.143 nuovi casi tra il personale sanitario, quasi il triplo rispetto all’intero mese di dicembre 2021 (n. 12.664). Per fronteggiare questo problema, le Regioni chiedono di mantenere in servizio nei reparti Covid gli operatori sanitari positivi asintomatici, una proposta inapplicabile per tre ragioni. Innanzitutto, medico-legali, perché è in netto contrasto con la legge Gelli-Bianco che dispone di garantire la sicurezza delle cure integrando tutte le attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del rischio connesso all’erogazione di prestazioni sanitarie. In secondo luogo, per motivi organizzativi: gli operatori sanitari potrebbero lavorare nei reparti Covid, ma senza poter accedere agli spazi comuni (spogliatoi, mensa). Infine, per evidenti risvolti pratici, visto che rischia di determinare una fuga dai reparti Covid da parte del personale sanitario non colpito dall’infezione”, conclude Gimbe.