Un governo fotocopia, con un nuovo pilota, un tecnico, al posto di comando, ma con il grosso delle caselle ferme, al loro posto. Sarebbe questo, riferiscono fonti qualificate all’Adnkronos, lo schema sul quale dovrebbe reggere l’accordo di legislatura che consentirebbe a Mario Draghi di lasciare Palazzo Chigi per il Colle. La condizione sine qua non per portare a casa l’operazione D, dove D sta per Mario Draghi.
“Se riapri la partita non chiudi più nulla, soprattutto c’è il rischio venga giù tutto”, ragionano la stesse fonti. Viene esclusa la possibilità che nel governo post Draghi – ammesso vadano così le cose – entrino i leader: “d’altronde – il ragionamento – il governo attuale ha già una forte impronta politica, per il Pd c’è Franceschini, per il M5S Di Maio, per la Lega Giorgetti, per Fi si passa da Gelmini a Brunetta, per Leu Roberto Speranza”. L’unica concessione – stando alle fonti che lavorano allo schema – un piccolo ‘rimpastino’, per dare al governo un’impronta politica più marcata.
E così a rischiare sarebbero i cosiddetti tecnici, nello specifico Roberto Cingolani, Patrizio Bianchi, Enrico Giovannini e Luciana Lamorgese, quest’ultima da sempre nel mirino della Lega a cui, tra l’altro, farebbe gola la casella del Viminale. Mentre la Transizione ecologica stuzzicherebbe la fantasia del M5S e l’Istruzione quella dei dem. Ma se i tecnici sono considerati più a rischio, continua ad essere quello del tecnico il profilo più accreditato a succedere a Draghi: la Guardasigilli Marta Cartabia o il super manager Vittorio Colao in pole. Quanto ai nuovi nomi che potrebbero entrare a far parte della squadra, quello che viene dato in arrivo è Antonio Tajani, tra i ‘desiderata’ di Silvio Berlusconi.