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Covid, Abrignani: “Obbligo vaccino finché circola virus, forse anni”

Adnkronos
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(Adnkronos) – “L’obbligo” di vaccinazione anti-Covid “avrà senso fin quando circolerà il virus, e ho l’impressione che durerà anni. Vorrei sottolineare che non si tratta solo del singolo, ma di tutta la comunità e dell’unica via per uscire dalla pandemia. Gli ultracinquantenni ad esempio sono 27 milioni, di cui quasi 2 milioni non vaccinati. Questi ultimi, un 7%, rappresentano il 70% di chi è in terapia intensiva. Non è solo un problema loro, ma degli ospedali e degli altri malati che non trovano posto”. Per Sergio Abrignani, membro del Comitato tecnico scientifico per l’emergenza coronavirus e professore ordinario di Immunologia all’università Statale di Milano, i vari obblighi, come quello per gli over 50 sul lavoro, sono ancora utili. “Secondo me sì, ma si tratta di scelte politiche su cui non entro. Dal punto di vista scientifico posso dire che la vaccinazione è uno strumento fondamentale. Poi io ero per l’obbligo quando non c’era, figuriamoci ora”, spiega in un’intervista a ‘La Stampa’. 

Da quando il 20 febbraio 2020 venne scoperto a Codogno nel Lodigiano il primo paziente Covid d’Italia “il mondo occidentale ha vissuto uno stress test senza precedenti, che ha messo in evidenza punti di forza e di debolezza del nostro sistema sociale, sanitario ed economico”, riflette il direttore dell’Istituto nazionale di genetica molecolare Invernizzi. “Due anni epocali che segnano un prima e un dopo nella storia almeno di questo secolo. Nel 2020 la vita media si è accorciata di un anno”, continua, e “abbiamo riscoperto la fragilità verso le malattie infettive, che pensavamo restassero un problema del mondo in via di sviluppo e invece nel 2020 più del 10% dei decessi in Italia è stato per Covid. Per fortuna nel caso di una nuova pandemia non saremo impreparati – auspica l’esponente del Cts – anche perché abbiamo compreso l’utilità della ricerca”. Per Abrignani, “anni di lotta alle malattie infettive insegnano” che “resta importante continuare a vaccinare sia in Italia sia all’estero per contenere la diffusione del virus e delle varianti”. 

Quanto alla vaccinazione dei bimbi, “il virus non è scomparso e le società scientifiche di pediatria la consigliano fortemente. Sono gli stessi medici che si consultano quando i bambini stanno male, e ora invece si pensa che mentano per un complotto mondiale. Surreale”, osserva l’immunologo che fa il punto anche sulla quarta dose: per un richiamo inteso come “una quarta dose con lo stesso vaccino del ceppo di Wuhan, come sperimentato in Israele, i dati al momento non ne supportano il vantaggio. Del resto con tante vaccinazioni del passato abbiamo visto che tre dosi bastano, due dosi a distanza di 3-4 settimane e la terza dopo 4-12 mesi, garantendo una memoria immunitaria da 5 a 10 anni”. 

Potrebbero beneficiare di una quarta dose “rari casi di immunodepressi per motivi genetici, farmacologici o infettivi, oppure i dializzati. Per loro si spera con la quarta dose di indurre almeno una protezione di breve termine”. Per il resto della popolazione “il richiamo sarebbe una nuova dose dopo le tre attuali, ma non sappiamo ancora se, come e quando sarà necessario”, precisa Abrignani. 

Tre le strade possibili, elenca: “La prima, improbabile, è che il virus scompaia e a quel punto non servirebbero richiami. La seconda, meno improbabile, ma difficile considerata l’infettività da record di Omicron, è che una nuova variante ci costringa ad aggiornare i vaccini. La terza è che rimanga l’attuale variante. In quest’ultimo caso, si potrebbe valutare un richiamo con un vaccino aggiornato a Omicron che magari prevenga molto efficacemente anche l’infezione oltre che la malattia. C’è poi la possibilità, per me difficile, che la terza dose non duri a lungo e allora ne sarebbe necessaria una quarta con l’attuale vaccino”. Cosa fare si deciderà “monitorando sul campo la protezione dalla malattia. Se decadesse per qualche motivo, sarebbe il momento di un richiamo. Finora la terza dose regge, dura almeno 5 mesi anche se alla fine probabilmente sarà molto di più – ritiene l’esperto – Il dato importante è la protezione dalla malattia, perché non si sa bene quanto gli anticorpi siano correlati all’immunità. Sulla base dell’esperienza con altri vaccini, a varianti ferme”, la tenuta dell’immunità dopo la terza dose potrebbe essere di “diversi anni, ma sono pronto a essere smentito”. 

Quanto ai timori sugli effetti avversi dei vaccini, sono “tutte paure irrazionali – assicura l’immunologo del Cts – L’unico fatto è che nei giovani ci possono essere rare miocarditi non gravi e guaribili in pochi giorni con cortisone. Tutte le agenzie regolatorie dicono che è maggiore il rischio di miocardite da virus che da vaccino. Su miliardi di persone vaccinate, di cui centinaia di milioni sotto i 30 anni, non è morto nessuno per questo motivo”. L’arrivo di Novavax, un vaccino “più tradizionale, a base di proteine ricombinanti”, “forse potrà convincere gli immotivatamente dubbiosi come alcuni genitori che temono per i figli. Scientificamente sarà utile per confrontare la durata della sua protezione con quella dei vaccini a mRna, anche se non penso ci sarà differenza”.