(Adnkronos) – Le inchieste sulla corruzione non nascono con Mani Pulite, ma fino ad allora quel tipo di indagini “non aveva mai raggiunto una così ampia diffusione, né aveva determinato conseguenze sul sistema politico”. A riannodare il filo di quel periodo, quando sono passati trenta anni dall’arresto di Mario Chiesa che dà il via a Tangentopoli, è Armando Spataro allora magistrato a Milano. “Se la Democrazia cristiana non aveva interesse a generare scontri istituzionali, nell’era craxiana mutò questa condizione e ancor più nell’era berlusconiana, allorché un imprenditore, giovandosi anche delle conseguenze di Tangentopoli, conquistò con facilità Palazzo Chigi. Fu il periodo in cui si iniziò ad affermare che la legittimazione derivante dal consenso popolare abilita la politica a ridisegnare i rapporti tra i poteri dello Stato”, spiega all’Adnkronos.
La seconda Repubblica “ereditò dalla prima un sistema di clientele e corruzione ancor più subdolo e solido in un clima che favorì la crescita di poteri personali incontrollabili”, spiega l’ex magistrato che, impegnato in vari maxi processi di mafia, non accettò l’invito del procuratore Borrelli di far parte del pool quando Di Pietro decise di lasciare la toga. “E’ stato elevatissimo il numero degli imputati condannati (nonostante ciò che dicono i detrattori di professione), anche se le conseguenze di natura politica di quelle inchieste ne salvarono una buona parte”.
Il Parlamento, infatti, “approvò a ripetizione leggi che rendevano difficile perseguire i reati di corruzione e più facile, anzi pressoché certa, la loro prescrizione. Nacque allora la definizione di leggi ad personam e la ridicola contrapposizione tra giustizialisti e garantisti” e all’inizio del decennio scorso, “come avviene anche ora, vari parlamentari proposero l’istituzione di Commissioni sulla politicizzazione dei magistrati”.
Ma i pm del pool di Mani Pulite “continuarono ad andare avanti per la loro strada, non certo per fini politici, ma solo per adempiere al loro compito di contribuire a far rispettare le regole e sanzionare quanti le violano: è estranea al lavoro dei magistrati, infatti, ogni ricerca di compatibilità del loro agire con gli interessi della politica”, sottolinea l’ex procuratore Spataro.
Se il decreto legge che impediva la custodia cautelare in carcere per alcuni reati fu ritirato a seguito della reazione popolare, “in quegli anni vennero fuori progetti assurdi ed illogici, oltre che, a mio avviso, contrari alla Costituzione come la separazione delle carriere tra giudici e pm, il doppio Csm, il divieto per i pm di impugnare le sentenze di proscioglimento, il sorteggio tra i magistrati per designare i componenti togati del Csm”.
Nel marzo del 2011 “si parlò anche di riforma epocale che il governo pro tempore voleva (avrebbe reso impossibile il giusto processo) e che fortunatamente finì su un binario morto”. Un passato che sa di presente: “Tutto già visto, esattamente come oggi qualcuno vorrebbe, non solo in sede politica, animato da chiara logica punitiva nei confronti della magistratura”, conclude Armando Spataro, che da cittadino ringrazia i magistrati del pool Mani Pulite.
(di Antonietta Ferrante)