(Adnkronos) – Quando si parla di Covid “non dobbiamo dimenticarci di una cosa: per il 99% questa è un’infezione che si autolimita e quindi fondamentalmente come tale deve essere gestita. C’è chi dice ‘ci avete lasciato a casa e ci avete ucciso’. Non è assolutamente vero. Questa è un’infezione virale ed è molto importante evitare soprattutto un ‘overtreatment’, cioè di trattarla con troppi farmaci”. A spiegarlo all’Adnkronos Salute è Matteo Bassetti, direttore della Clinica di malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, facendo il punto sulle cure oggi disponibili, dai farmaci sintomatici alle pillole anti-Covid per chi è più a rischio.
“Molti hanno sostenuto che in Italia le cose vanno peggio che altrove perché non c’è l’accesso alle cure domiciliari. Non è vero – sostiene l’esperto – Non si può dire che è colpa del nostro modo di gestire i pazienti. Anche perché”, se si registrano 130-140 morti Covid al giorno, “è semplicemente un problema di come conteggiamo i nostri morti oggi in Italia”. In ogni caso, oggi esistono dei passi che si possono seguire quando in presenza di un’infezione da Sars-CoV-2 cominciano i primi sintomi e si gestiscono a casa. Diverse le opzioni, a seconda dei pazienti.
“Attualmente, per la gestione puramente a domicilio, cioè per la persona che si ammala di Covid, è vaccinata e non ha nessun tipo di fattore di rischio per progredire verso una malattia grave, si utilizzano quelli che sono i farmaci sintomatici”, e questa fase “non può essere gestita in nessuna parte del mondo in maniera diversa da questa”, assicura l’infettivologo. “Un 50enne – è l’esempio usato da Bassetti – che non ha nessuna malattia sottostante ed è vaccinato con tre dosi, viene gestito con dei farmaci antinfiammatori. C’è chi usa l’ibuprofene, c’è chi usa l’Oki*, chi l’aspirina, chi la tachipirina. Questo in presenza di pochi sintomi, febbre un po’ di tosse”.
Poi, aggiunge Bassetti, “se la persona è a casa e ha l’insufficienza respiratoria – nel dettaglio una saturazione che scende, ma senza trovarsi in una condizione da dover andare in ospedale – può essere gestita con del cortisone, se c’è un deficit importante. In presenza di fattori di rischio per tromboembolia polmonare, si può trattare eventualmente con dell’eparina. A questo cocktail può essere aggiunto un antibiotico solo in alcuni casi molto selezionati di pazienti a rischio di avere problematiche batteriche, come persone con la bronchite cronica, magari con l’enfisema, che hanno già avuto numerose polmoniti. Questo è quello che avviene nei pazienti senza importanti fattori di rischio”.
Invece “quelle persone che hanno un rischio alto di progredire verso una malattia grave, per esempio il 75enne pur vaccinato che magari prende la pastiglia per la pressione, o la persona con leucemia o tumore, o ancora il grande obeso, rientrano nei criteri in cui si possono utilizzare i cosiddetti antivirali orali”. Nel nuovo corso questi farmaci possono essere prescritti dai medici di medicina generale, “anche se personalmente non sono dell’idea che cambieranno molto le cose”, rimarca l’esperto. “Queste persone a rischio, comunque, possono fare molnupiravir, o Paxlovid*, o essere trattate in regime ambulatoriale o Day hospital in ospedale con remdesivir via flebo. Rimane, ma con Omicron è più difficile, e soprattutto con Omicron 2, la possibilità dei monoclonali, che però in genere richiedono di venire un giorno in ospedale, fare la flebo e tornare a casa”.
Questo strumento degli antivirali orali può diventare molto utile se utilizzato nei casi in cui serve, “non per tutti”, puntualizza Bassetti, che però avverte: “Bisogna però stare attenti con gli antivirali orali, perché – come succede con gli antibiotici – il rischio di avere delle resistenze è molto alto. Se vengono usati troppo o male, il rischio di preselezionare resistenze diventa molto alto”.
Nel prossimo futuro “arriveranno molti nuovi farmaci – anticipa Bassetti – si stanno studiando altri antivirali nuovi e quindi sicuramente si arricchirà il l’armamentario terapeutico per poter trattare queste infezioni anche a casa con dei farmaci orali. A mio avviso – spiega – il futuro sarà di utilizzare gli antivirali orali quando servono, non su tutti. Se usati correttamente, potrebbero diventare molto utili”.