(Adnkronos) – “E’ un segnale da accogliere favorevolmente che si torni a discutere alla Camera dei Deputati di un disegno di legge, proposto in questo caso da Fratelli d’Italia, di una revisione costituzionale della nostra forma di governo, in senso presidenziale o semipresidenziale. Ma le riforme costituzionali non si fanno a colpi di maggioranza. Andrebbe pertanto prevista ed eletta un’assemblea costituente con il compito specifico ed esclusivo di redigere il testo di revisione costituzionale”. Lo dice all’Adnkronos il costituzionalista Francesco Saverio Marini, professore di Diritto pubblico all’università di Roma Tor Vergata che, in occasione dell’approdo in aula alla Camera della Pdl di Fratelli d’Italia sul presidenzialismo, sollecita: “Occorre interrogarsi sui motivi che hanno condotto al fallimento, parlamentare o referendario, dei precedenti e numerosi tentativi di revisione costituzionale. Mi riferisco non solo alle ultime proposte dei Governi Berlusconi e Renzi, ma anche alle fallimentari esperienze della Commissione Bozzi, del Comitato Speroni o della Commissione bicamerale D’Alema”.
Secondo il costituzionalista, “per non incorrere negli stessi errori due sono i punti imprescindibili: il primo è che le riforme costituzionali non devono coinvolgere la sola maggioranza parlamentare di Governo, anzi meno coinvolgono il Governo e meglio è. Il secondo è che l’ottimo è nemico del bene, nel senso che le norme costituzionali devono nascere, necessariamente, da soluzioni di sintesi tra tutte le forze politiche e avere una prospettiva che prescinda da valutazioni elettorali di corto respiro e di breve periodo”. Marini ricorda quindi che si tratta di “norme particolarmente stabili e che informano l’ordinamento” “pertanto vi deve essere piena consapevolezza, anzitutto da un punto di vista tecnico, delle conseguenze di lungo periodo”.
Un obiettivo raggiungibile immaginando la creazione “di un organo ad hoc, democraticamente eletto dai cittadini, così da evitare che i lavori relativi alla riforma costituzionale interferiscano con l’ordinaria attività legislativa e con le dinamiche di governo e abbiano un alto tasso tecnico-giuridico. Non si può dimenticare – ricorda il professore di Tor Vergata – che la nostra Costituzione, universalmente apprezzata, è stata merito dei Mortati, dei Leone, dei Moro, dei Vittorio Emanuele Orlando, cioè di grandi giuristi, ben prima che uomini delle Istituzioni”.
Nel merito della Pdl di Fdi, il professore di Tor Vergata, che con successo ha tra l’altro guidato la commissione di studio sulle prospettive di riforma delle funzioni e della governance di Roma Capitale istituita dalla ministra per gli Affari regionali Mariastella Gelmini, individua un punto su cui c’è un’ampia convergenza fra i partiti: “che l’attuale sistema di governo italiano è inefficace, caratterizzato da governi troppo deboli, con inadeguata capacità decisionale e in ultima analisi anche scarsamente democratico. Del resto, anche in quest’ultima legislatura si sono susseguiti tre governi sorretti da coalizioni e partiti completamente diversi e presieduti da persone nessuna delle quali elette”.
“È di tutta evidenza che un Governo stabile, con una forte legittimazione democratica e con una solida maggioranza ha un diverso peso istituzionale all’interno e all’esterno del nostro ordinamento. Per realizzare questo obiettivo si possono seguire diverse strade, ma quella più lineare e con una maggiore tradizione normativa è, senz’altro, il presidenzialismo – rimarca – È evidente che introdurre l’elezione diretta del Capo dello Stato, attribuendo a questi le funzioni di Capo del Governo, rafforzerebbe la democrazia italiana, consentendo ai cittadini di scegliere il vertice politico del Paese e garantendo nel contempo un sistema bilanciato dalla presenza di un Parlamento che finalmente potrebbe riacquisire la sua centralità nell’azione legislativa”, conclude.
(di Roberta Lanzara)