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L’eredità di Draghi: democrazia e Paese forte, l’appello al voto

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(Adnkronos) – Può essere l’ultima conferenza stampa, in Italia, prima delle elezioni. Mario Draghi la usa per tornare a indicare la strada da seguire, scommettendo sulla forza della democrazia e sulla forza del Paese. Temi e toni alti per rivolgere un vero e appello agli italiani: “La cosa importante è che tutti vadano a votare, questa è la cosa più importante di tutte”. Lo dice quando deve rispondere a una domanda sul clima della campagna elettorale e lo fa prima e dopo altre risposte che, messe insieme, descrivono l’eredità che lascia a chi verrà dopo di lui. 

Le parole sono scelte con cura. Anche nei passaggi in cui sceglie di evidenziare le distorsioni, le incongruenze e la pericolosità di chi cerca strade alternative. Prima dice che “la democrazia italiana è forte, non si fa battere da nemici esterni e dai loro pupazzi prezzolati” e che “dobbiamo essere fiduciosi nella nostra democrazia e non bisogna avere timore delle voci”. Poi, affonda: “C’è chi parla di nascosto con i russi, chi vuole togliere le sanzioni. C’è pure lui” in campagna elettorale, “ma la maggioranza degli italiani non lo fa e non lo vuole fare. Io guardo alla maggioranza degli italiani e al governo che ho avuto l’onore di presiedere”.  

Nella visione di Draghi, da una parte c’è il Paese che funziona e dall’altra ci sono i fattori che rischiano di indebolirlo. A partire dalla collocazione internazionale. “Le sanzioni funzionano, bisogna continuare” insieme al “sostegno all’Ucraina finché non vince la guerra di liberazione del suo Paese. Questa è stata la linea del mio governo, non posso anticipare quale sarà” in futuro, “nel centrodestra ci sono diversi punti”. E, anche in questo caso, va anche oltre. “Nei rapporti internazionali c’è da essere trasparenti, ci vuole coerenza, non capovolgimenti e giravolte. Sull’Ucraina e l’invio di armi non si può votare per le armi e poi dire no, inorgoglirsi per l’avanzata ucraina quando si è votato contro l’invio di armi, si voleva che si difendessero a mani nude? Questo fa il prestigio internazionale di un Paese, la mancanza di coerenza a trasparenza indebolisce un Paese”. A New York, dove volerà nei prossimi giorni, dice il premier, “racconterò il Paese che vivo oggi, un Paese forte, leale all’Alleanza atlantica e all’Europa, che ha saputo fare una manovra di sostegno all’economia senza fare debito, che ha saputo far crescere il Pil: questo è il Paese che porto. C’è tanta gente che condivide questa visione e c’è gente che in questa campagna elettorale la contrasta. Io non condivido questa visione sempre negativa sul futuro”.  

Poi ci sono le cose fatte e quelle che restano da fare. A prescindere dall’esito delle elezioni. A chi chiede se ci sia spazio ancora per un governo di unità nazionale, dopo aver risposto seccamente ‘no’ all’ipotesi di un nuovo governo Draghi, risponde: “Non ho idea di quello che il voto produrrà, queste valutazioni potranno essere importanti dopo. Per il futuro sono molto fiducioso, sono fiducioso per gli italiani, perché producano crescita, stiamo meglio i più deboli e le disuguaglianze siano affrontate. C’è tantissimo da fare, questo governo ha avviato alcune cose, ha affrontato delle emergenze, c’è tantissimo da fare per il prossimo governo”. E’ un’eredità che, allo stesso tempo, aiuta chi viene dopo di lui e ne accresce le responsabilità. (di Fabio Insenga)