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Su Netflix arriva ‘Wanna’, docu-serie su una truffatrice fiera

Adnkronos
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(Adnkronos) – Nonostante abbia affrontato un buon numero di guai giudiziari, Wanna Marchi è ancora convinta che “i coglioni” vadano truffati e non si pente di nulla. Lo dice a chiare lettere, naturalmente urlando, in ‘Wanna’, la nuova docu-serie italiana di Netflix, che debutterà il 21 settembre in tutti i Paesi in cui il servizio è attivo. Ideata da Alessandro Garramone, che l’ha anche scritta con Davide Bandiera, e diretta da Nicola Prosatore, la serie doc in 4 puntate è prodotta da Gabriele Immirzi per Fremantle Italia. I 4 episodi sono stati realizzati con un lungo e accurato lavoro di ricerca e preparazione: 22 testimonianze, circa 60 ore di interviste (comprese Wanna Marchi e la figlia Stefania Nobile e il famigerato quanto introvabile ‘mago’ Do Nascimento), 100 ore di materiali d’archivio passate al setaccio. Il tutto per raccontare un caso che ha fatto scalpore attraverso le testimonianze di tutti, dalle vittime ai carnefici, passando per le figure più significative del nascente mondo delle tv private e delle televendite dell’epoca.  

“Con Wanna e la figlia abbiamo fatto 3 incontri preparatori di 2 ore e mezzo. Poi abbiamo avuto appuntamenti per le interviste con ognuna di loro, 7 ore a testa, per un totale di 20 ore circa di girato”, spiega Garramone. Nelle interviste le due non smentiscono le rispettive personalità e non rinnegano praticamente nulla di quanto hanno fatto.  

Una delle cose più complicate, aggiunge Garramone, è stato trovare Mário Pacheco Do Nascimento: “Volevamo trovarlo a tutti i costi, perché se la serie fosse andata in onda senza una sua intervista e qualche giornalista il giorno dopo lo avesse trovato, il mio produttore mi avrebbe detto: ‘complimenti, bravissimo'”, ride l’autore. “Lui non si vedeva in Italia da una quindicina d’anni e gli ultimi ad averlo intervistato erano stati quelli di ‘Striscia la Notizia’. Qualcuno ci aveva detto che era ancora in contatto con molte persone in Italia ma in realtà non era così. Così mi hanno aiutato due giornalisti, Giuseppe Bentivegna e Olga Borghini, a cercarlo in Brasile. Abbiamo individuato una zona dello stato di Bahia, abbiamo pensato che attraverso i ristoranti italiani, magari frequentati per nostalgia, avremmo potuto rintracciarlo. Ma erano 1.500. Poi Giuseppe, che è molto capace con le indagini digitali, è riuscito a trovarne traccia tramite il sistema di archiviazione degli atti giudiziari. Siamo risaliti all’avvocato e l’abbiamo contattato. Ha accettato di incontrarci. Abbiamo fatto un incontro via Skype. Ma quando l’ho visto sono un po’ impazzitto e, nonostante fossimo in pieno Covid, ho fatto un blitz con una troupe brasiliana per registrare questa intervista. Di alcune cose aveva voglia di parlare, di altre non aveva voglia, come vedranno gli spettatori. Ma in questa docuserie doveva esserci”.  

La docu-serie ripercorre tutta la storia e le derive truffaldine di Wanna Marchi: lo stile aggressivo con cui si rivolgeva agli spettatori, che era il marchio di fabbrica degli show in cui proponeva creme dimagranti miracolose; la ricchezza e la fama degli anni ’80, con la figlia Stefania al fianco; la caduta degli anni ’90; la voglia di riscatto di fine anni ’90, quando, dopo avere venduto l’illusione della forma fisica perfetta, passeranno a commercializzare l’unica cosa che nessuno aveva mai pensato di vendere: la fortuna. Creme dimagranti e antirughe lasciano così il posto ad amuleti e numeri benedetti venduti insieme al Maestro di vita Do Nascimento. Questa strepitosa macchina da soldi si sarebbe poi rivelata essere altro: una truffa clamorosa, realizzata grazie a una complice insospettabile, la televisione.  

Una storia che può insegnare molto anche ai contemporanei, come sottolinea Giovanni Bossetti, Manager per i contenuti italiani non fiction di Netflix: “Oggi una telecamera e un obbiettivo li abbiamo tutti, non abbiamo più le televendite ma il concetto è lo stesso. La serie Wanna ha dimostrato in tante maniere di andare a toccare temi che sono ancora molto attuali, e questo per me era davvero interessante da raccontare”, conclude.