L’attendevano tutti, non solo i cronisti ma anche commessi, dipendenti e poliziotti di guardia nella sede del governo. Ma lei, la neo presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ieri ha evitato di lavorare a Palazzo Chigi all’indomani della cerimonia della campanella con cui Mario Draghi le ha passato il testimone, e che lei ha fatto risuonare alle 12.30 in punto, per il suo primo Cdm. Dopo l’incontro con il Presidente francese Emmanuel Macron nella serata di domenica – con cronisti, cameraman e fotografi impegnati nella ‘caccia all’uomo’ in ogni angolo del centro storico di Roma -, il presidente del Consiglio ha lavorato in ‘smart working’, tra le mura di casa, lontano da riflettori e ambienti che le risultano ancora estranei. Da vera ‘secchiona’, come chi la conosce meglio ama descriverla, ha scritto, rivisto e preparato, attenta a ogni spigolatura, il discorso con cui oggi – alle 11 – chiederà la fiducia a Montecitorio. E che replicherà mercoledì al Senato.
Un discorso delicato, che tutti aspettano, per lei il più importante di sempre. In cui Meloni parlerà delle sfide che attendono il Paese e che chiedono, necessariamente, di marciare uniti e non in ordine sparso. Per il bene dell’Italia e degli italiani, per i quali il premier intende lavorare fino all’ultimo giorno utile della XIX Legislatura. Perché questo – uno degli assunti che Meloni vuole fare risuonare in Aula – è un esecutivo destinato a durare fino a fine corsa, lasciandosi alle spalle il percorso accidentato che ne ha segnato la nascita. Il discorso con cui andrà alla prova della fiducia vuole infatti tracciare “un manifesto programmatico che ambisce ad essere la base di lavoro di un’intera legislatura”, rimarcano in serata fonti di Palazzo Chigi, “a conferma della natura fortemente politica del governo e con l’obiettivo di dare seguito concreto e attuazione agli impegni assunti con i cittadini italiani in campagna elettorale”. A partire dalla volontà di fronteggiare al meglio le difficoltà, leggi caro bollette e crisi energetica.
L’inverno per gli italiani si preannuncia duro, Meloni oggi cercherà di dire loro, dall’emiciclo della Camera, che il governo sarà al loro fianco e che farà il possibile per fronteggiare l’emergenza. Anche in Europa, dove si batterà per chiudere la battaglia sul price cap: le premesse sono state poste da Draghi nel Consiglio europeo della settimana scorsa, ma termini e condizioni sono tutte da scrivere, il risultato è ancora lungi dall’essere portato a casa e Meloni è pronta a tutto per avere la meglio, per non lasciare l’Italia e il fronte dei 25 – ai 27 mancano all’appello Germania e Olanda, contrarie a un tetto al prezzo del gas – a bocca asciutta. Parlerà anche di donne Meloni, lei che ha rotto il tetto di cristallo e per la prima volta nella Storia del Paese si trova a guidare un esecutivo, una realtà inimmaginabile solo fino a qualche mese fa.
Ma l’attenzione degli alleati di governo e dell’opinione pubblica – oltre che sulle emergenze del momento – sarà concentrata soprattutto sul tema migranti, nonché sul dossier del Piano nazionale di ripresa e resilienza, con cui non sono mancati momenti di tensione con l’esecutivo Draghi. Sul conflitto in Ucraina, rispetto al quale Fdi non ha mai mostrato tentennamenti nel cammino al fianco di Kiev e del presidente Volodymyr Zelensky, il presidente del Consiglio ribadirà che le decisioni verranno prese nel quadro delle storiche alleanze internazionali dell’Italia.
Vale per le sanzioni, ma anche su nuovi invii di armi a Kiev. Su questo Meloni non si aspetta sorprese, divisioni, colpi di testa degli alleati di governo. O meglio, non li ammetterebbe. La parola d’ordine deve essere marciare “uniti” nel segno della “lealtà”, come domenica lei stessa ha rimarcato nel suo primo Cdm.