La benzina supera i 2 euro al litro e il diesel va ancora più su, toccando i 2,5 euro al litro. Un brutto record che, però, non capita per caso. Il governo ha, infatti, scelto di non prorogare lo sconto sulle accise e questo doveva far salire di circa 20 centesimi al litro il prezzo dei carburanti alla pompa. Ma i prezzi sono schizzati oltre e i distributori mostrano numeri da capogiro che imbarazzano tutti quei politici della maggioranza che finora hanno detto: “non è più il momento storico”.
Non è più il momento storico, abbiamo investito miliardi per fare in modo che tutti potessero pagare le bollette, il carburante non è più una priorità. Intanto, dalla maggioranza alcuni si sono spinti a dire che i veramente poveri neanche la utilizzano la macchina e quindi non hanno problemi al distributore.
Un’analisi della società italiana completamente fuorviante. La provincia sconta un reddito pro capite minore rispetto alla media delle città e per molti l’utilizzo della macchina è inevitabile, soprattutto se vivono in frazioni che non sono collegate in modo continuativo dal Trasporto Pubblico Locale. In più, la provincia può scontare anche rincari al distributore dovuti alla mancanza di concorrenza. È un fatto che il prezzo in città sia spesso più conveniente di quello altrove.
Sale il prezzo della benzina e di conseguenza l’inflazione. Il costo della vita aumenta a dismisura e i soldi risparmiati in bolletta se ne vanno in carburante che serve per andare al lavoro, per accompagnare i figli a scuola o ai mezzi pubblici, per lavorare. Sale il costo delle materie prime, dei beni alimentari e di conseguenza, con il continuo rincaro, aumenteranno i biglietti del trasporto pubblico, dai bus ai treni. Un rincaro del costo della vita insopportabile, in particolare per chi l’auto la utilizza davvero e per chi con i veicoli ci lavora.
Lo sconto delle accise era una norma lungimirante che permetteva all’inflazione di rimanere a livelli affrontabili. Questo perché non permetteva alle compagnie di speculare sui rincari. Con il termine della norma, i prezzi sono schizzati oltre i 20 centesimi di rincaro. Dove sono i controlli? Com’è che si permette alle aziende di raffinazione e distribuzione di decidere prezzi al di fuori delle norme del mercato? Risposta: lo ha permesso il neoliberismo portato avanti da quasi tutti i governi, prevalentemente di centrodestra, ma anche di centrosinistra. Senza un controllo sicuro dell’antitrust, senza una norma che non permetta la creazione di cartelli speculativi, tutto è possibile.
Il prezzo del carburante, infatti, vola e in due luoghi completamente diversi della stessa provincia possiamo trovare differenze di 50 centesimi al litro. È chiaro che se permettiamo alle aziende di speculare queste cercheranno di trovare un modo di aumentare i propri introiti. Allora, significa che lo Stato ha perso il proprio compito di mettere un freno alle storture del libero mercato, che, al contrario delle utopie, non ha mai prodotto la perfetta concorrenza, ma oligopoli capaci di mettere a repentaglio la stabilità economica per un introito nel breve periodo.
Allora cosa fare? Adesso è complesso. Lo sconto sulle accise inibiva il rincaro, adesso non ci sono argini. Il prezzo può diminuire, ma il costo della benzina rimarrà probabilmente alto. E allora, su quali basi intervenire? Difficile dirlo, ma sulla benzina, il governo dell’incoerenza, ha sbagliato.