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Monza, picchia e minaccia di morte escort: arrestato 28enne

Adnkronos
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(Adnkronos) – L’ha picchiata e costretta ad assumere cocaina prima di un rapporto sessuale, stringendole un cavo attorno al collo e minacciandola: “Se gridi ti ammazzo”. E’ l’incubo vissuto pochi giorni fa da una escort rumena di 30 anni in Brianza. Il responsabile, un 28enne pugliese residente nella zona, è stato arrestato dai carabinieri di Desio con l’accusa di sequestro di persona.  

Ad allertare i militari è stata un’amica della donna, un’escort 26enne anche lei rumena, allarmata perché la 30enne non rispondeva al cellulare. Raccolta la testimonianza, i militari del Nucleo Operativo e Radiomobile hanno subito raggiunto l’hotel indicato dalla giovane e una volta entrati nella stanza hanno trovato la donna sdraiata a terra che si lamentava e con evidenti segni di violenza sul corpo. La 30enne ha detto di essere costretta a prostituirsi per sopravvivere, riferendo di essere stata ripetutamente picchiata, privata dei cellulari, minacciata e trattenuta dall’uomo per diverse ore dentro la camera. Nella stanza i carabinieri hanno trovato alcuni grammi di cocaina che, su richiesta del suo cliente, la vittima avrebbe dovuto assumere per un rapporto sessuale oltre ai due cellulari spenti della donna e un cavo di ricarica per telefonino che l’uomo le avrebbe stretto intorno al collo per non farla gridare. Il 28enne, su disposizione della Procura di Monza è stato sottoposto in un primo momento agli arresti domiciliari e poi trasferito nel carcere di Monza. 

Il ragazzo era stato già condannato nel dicembre 2021 in primo grado a 12 anni e 8 mesi di reclusione e la madre a 13 anni e 8 mesi per il tentato omicidio del secondo marito della donna: un imprenditore di Spoltore che nell’estate del 2016 stava per essere ucciso da madre e figlio. Nei piani della donna, doveva risultare un omicidio che nessuno avrebbe mai potuto scoprire, provocato con la somministrazione, all’uomo, di massicce dosi di un anticoagulante. Una morte che però venne sventata dai carabinieri che, insospettiti, misero sotto controllo diversi telefoni e anche quelli di madre e figlio per arrivare a far luce non solo sulle somministrazioni del farmaco fatte anche durante i diversi ricoveri in ospedale della vittima ma a ricostruire una strana aggressione, che l’uomo aveva subìto sotto casa e che, di fatto, aveva il solo scopo di provocare lesioni interne, e i cui mandanti erano appunto madre e figlio.