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Migranti, Intelligence: “No indicatori utilizzo irregolari per terrorismo”

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(Adnkronos) – “In relazione alla complessità del fenomeno migratorio irregolare e all’obiettivo preminente della sicurezza nazionale”, l’attenzione dell’Intelligence italiana “si è soffermata sull’analisi delle principali rotte e direttrici dell’immigrazione irregolare, sull’attivismo di trafficanti e facilitatori – incluso il profilo del falso documentale – che, individualmente o in forma associativa, alimentano i trasferimenti irregolari verso l’Italia e l’Europa. Analoga attenzione è stata rivolta a eventuali infiltrazioni di estremisti nei flussi migratori, sebbene non siano emersi indicatori di un utilizzo strutturato dei canali dell’immigrazione irregolare per finalità di terrorismo”. E’ quanto sottolinea l’intelligence italiana nella Relazione annuale sulla politica dell’informazione per la sicurezza. 

Sulla rotta del Mediterraneo orientale, “seconda opzione migratoria via mare per consistenza dei flussi dopo la rotta del Mediterraneo centrale”, le partenze avvengono “principalmente dalla Turchia – crocevia anche per i transiti verso l’Europa lungo la rotta balcanica e, insieme alla Libia, uno dei più grandi bacini di migranti e rifugiati – nonché, nell’ultimo anno, dal Libano. Nel corso del 2022, il Libano, a causa della grave situazione economico-finanziaria nazionale, si è attestato quale nuovo Paese di partenza. Sulla rotta marittima del Mediterraneo orientale, in cui è confermato il trend in aumento del flusso verso le coste di Calabria, Puglia e Sicilia, vengono utilizzati vari tipi di imbarcazioni, prevalentemente barche a vela e da diporto, che alimentano i cc.dd. ‘sbarchi occulti'”. 

Secondo il Rapporto, “anche in questo caso, il fenomeno migratorio trova una sponda importante nell’attivismo di organizzazioni criminali dedite al favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, principalmente curde e pakistane, con basi di supporto logistico nei principali Paesi di origine e transito dei migranti, la cui natura transnazionale rende complessa l’attività di contrasto, così come nell’utilizzo, divenuto prassi, del web e dei social network da parte degli stessi sodalizi per pubblicizzare i viaggi e i relativi servizi”. 

“MENO ATTENTATI JIHADISTI MA MINACCIA SIGNIFICATIVA” – “I tre attacchi di matrice jihadista che hanno segnato il territorio europeo nel 2022 se, da un lato, paiono consolidare ulteriormente la tendenza che, negli ultimi anni, ha visto ridursi significativamente il numero di attentati – dai 15 del 2020 ai 6 del 2021 – dall’altro, mostrano come il livello della minaccia a cui è esposto il Vecchio Continente sia ancora significativo”, sottolinea quindi il Rapporto riguardo alla minaccia ibrida.  

“Fortemente parcellizzata e a connotazione endogena, legata prevalentemente a iniziative estemporanee di attori solitari, privi di legami strutturati con organizzazioni terroristiche, anche se da queste ispirati, la minaccia trae alimento anche dal deterioramento delle situazioni securitarie di aree strategiche nel mondo, specie nel Mediterraneo allargato – continua – Gli attentati, perpetrati rispettivamente in Francia (Arles, 2 marzo), Norvegia (Oslo, nella notte tra il 24 e il 25 giugno) e Belgio (Bruxelles, 10 novembre), si sono contraddistinti – in continuità con l’anno passato – per il bilancio contenuto delle vittime, il profilo degli attentatori (affetti da disturbi psichici e talvolta già noti alle Autorità per le posizioni estremiste e/o la contiguità con ambienti radicali), la scelta degli obiettivi (Forze dell’ordine e civili)”. 

“Tuttavia, come confermato dal citato attacco di Oslo, ma anche da diverse operazioni di contrasto condotte nel periodo in esame, si è continuato a osservare interesse verso pianificazioni più complesse per l’utilizzo di mezzi aggressivi (armi da fuoco, esplosivi) e/o per numero di soggetti coinvolti (spesso giovani, talvolta minorenni)”. 

Daesh e al Qaida, le due maggiori organizzazioni jihadiste, “hanno dato prova finora di grande resilienza. Alla costante pressione di controterrorismo hanno risposto con la riconfigurazione delle relazioni tra la leadership a livello centrale e i gruppi affiliati, in direzione di una progressiva decentralizzazione e una maggiore autonomia decisionale delle filiali regionali. Fattori, questi, che contribuiscono, da un lato, a spostare il baricentro operativo a livello periferico – che esprime a oggi la reale capacità di proiezione di Daesh e al Qaida – dall’altro, a ridurre gli effetti dei duri colpi inferti alla catena di comando”, si legge ancora. 

“È proseguito, nell’anno in esame, l’attento monitoraggio del fenomeno del terrorismo jihadista, che ha visto al Qaida e Daesh delegare responsabilità sempre maggiori alle rispettive filiali periferiche, potenziandone la capacità di proiezione operativa su scala locale, senza tuttavia abdicare alla vocazione originaria del jihad globale. Lo spirito particolaristico delle diverse formazioni terroristiche affonda tendenzialmente le proprie radici in dinamiche ataviche, dettate e alimentate da conflittualità interetniche, rapporti spesso disfunzionali tra Governi centrali e regioni periferiche, nonché dalla difficoltosa gestione delle risorse delle realtà agro-pastorali colpite dai cambiamenti climatici. Fattori che, interagendo tra loro, incidono sui rispettivi gradienti di minaccia e offrono ai gruppi jihadisti altrettante leve per fomentare e sfruttare il malcontento delle popolazioni locali e creare pericolosi ulteriori scollamenti con le Istituzioni. Alla luce di ciò -viene rilevato- si è assistito a un marcato attivismo jihadista in numerosi quadranti, specie in Medio Oriente, Afghanistan e, in misura sempre crescente, in Africa subsahariana, che si configura ormai come il nuovo vero epicentro del jihadismo globale”.