(Adnkronos) – Vladimir Putin “potrebbe essere arrestato solo se, uscito dalla Russia, mettesse piede in qualche Paese che abbia firmato e ratificato lo Statuto della Corte Penale Internazionale, ossia l’organo che ha, per il tramite dei suoi magistrati, emanato il mandato di arresto nei suoi confronti”. Lo afferma all’Adnkronos l’avvocato Marco Valerio Verni, responsabile Area Diritto di ‘Difesa Online’, spiegando i possibili scenari legati al mandato di arresto spiccato nei confronti del presidente russo dalla Corte Penale Internazionale (Cpi).
“Certo, anche un Paese che non faccia parte dello Statuto potrebbe procedere, nel caso, alla consegna di Putin, per convenienza, magari politica o, come si suol dire, cortesia diplomatica – osserva l’avvocato Verni – Ma stiamo nell’alveo delle ipotesi, tra le quali, occorre ricordarlo, potrebbe rientrarvi pure quella secondo cui il paese ospitante potrebbe far valere il principio dell’immunità dei Capi di Stato esteri (generalmente non applicabile, in realtà, in presenza di incriminazioni di particolare gravità), come accaduto, ad esempio, nel 2015, con il presidente del Sudan, Omar al-Bashir, in visita in Sudafrica”. “Ma vi è di più: infatti, nel caso in cui il presidente russo dovesse essere arrestato in uno dei 123 Stati che hanno ratificato lo Statuto della Corte Penale Internazionale, per poterlo poi consegnare a quest’ultima, questo (Stato) dovrebbe valutare la legittimità del tutto alla luce del proprio diritto interno – ricorda il responsabile Area Diritto di ‘Difesa Online’ – Uno potrebbe, allora, pensare che un qualche problema potrebbe sorgere in chissà quale Stato, ma, in realtà, il problema lo potrebbe avere la stessa Italia”.
“Per usare le stesse parole del Procuratore Generale militare presso la Corte di Cassazione, infatti, ‘problemi potrebbero porsi nel momento in cui la corte di appello di Roma, competente nel merito, dovesse decidere la sussistenza dei presupposti per consegnarlo alla Corte Penale Internazionale: dovrebbe valutare se i reati per cui Putin è incriminato sono previsti nel nostro ordinamento – ricorda Verni – In tal caso l’ipotesi di reato dovrebbe essere quella di deportazione di fanciulli, che nel nostro ordinamento non è specificamente prevista, e non avendo l’Italia ancora approvato il codice dei crimini contro l’umanità, la corte di appello di Roma potrebbe avere criticità nel ravvisare, nel nostro ordinamento, un’ipotesi di reato uguale a quella per cui è stato chiesto l’arresto. L’Italia deve dunque al più presto approvare il codice dei crimini internazionali contro l’umanità per evitare di ritrovarsi in questo tipo di problematiche con conseguenti cadute di immagine a livello internazionale’”.
“Insomma, il mandato di arresto in questione non garantisce che lo zar russo possa effettivamente essere fermato e consegnato alla Cpi – spiega l’avvocato Verni – Il fatto che sia stato emesso e, soprattutto, reso pubblico (probabilmente per tentare di sortire un effetto deterrente sulle terribili condotte asseritamente contestate), può avere, forse, anche un significato politico che, però, se da una parte, mirerebbe a cercare di indebolire l’immagine di Putin, anche al cospetto del suo stesso popolo e sempre forse, a limitarne lo spostamento in altri Paesi (ammesso che ne abbia bisogno), dall’altro, e per ciò stesso, potrebbe avere conseguenze nefaste in termini di eventuali negoziati di pace”.
In caso di arresto e consegna alla Cpi, si aprirebbe un processo: “La presenza dell’imputato è necessaria, naturalmente, davanti alla Corte Penale Internazionale – spiega il responsabile Area Diritto di ‘Difesa Online’ – In caso contrario il processo non potrebbe svolgersi perché il contraddittorio deve essere sempre e comunque garantito”. Per quanto riguardo l’eventuale pena “dipende naturalmente dai reati che gli verranno contestati. Questo mandato di arresto sarebbe stato spiccato per essere Putin ‘responsabile del crimine di guerra di deportazione illegale di popolazione (bambini) e di trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia’. Ma non si può escludere che possano essere anche altri i reati che potrebbero, i magistrati della Cpi, decidere di imputargli”.
“In tal ragionamento, occorre dire che ve ne sono alcuni che sono più difficili di altri, da dimostrare come, ad esempio, quello di genocidio. In quest’ultimo caso, infatti, bisognerebbe provare l’animus agendi ossia la precisa intenzione e volontà, da parte di chi viene accusato di tal crimine, di voler annientare il popolo nemico, contro cui ha perpetrato determinate azioni violente, con il preciso scopo, sostanzialmente, di cancellarlo dalla faccia della Terra – conclude – In linea astratta, comunque, le pene previste dallo Statuto della Corte Penale Internazionale prevedono certamente la reclusione fino ad un massimo di trenta anni e in casi di particolare gravità anche l’ergastolo. A tali pene, può aggiungersi la confisca dei profitti beni ed averi ricavati direttamente o indirettamente dal crimine fatti salvi i diritti di terzi in buona fede”.