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Riforme, Follini: “Senza compromessi cantiere istituzionale resta al palo”

Adnkronos
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(Adnkronos) – “Ai tempi dell’antica Grecia il poeta Archiloco scrisse un verso su cui si discusse a lungo: ‘la volpe sa molte cose, ma il riccio ne sa una grande’. Su questa dicotomia si esercitò poi il grande filosofo Isaiah Berlin che scrisse un famoso saggio -Il riccio e la volpe, appunto- di cui pure si sarebbe parlato per molti anni, fino ai giorni nostri. Può sembrare un dilemma astruso, quello che oppone la varietà all’uniformità e che conduce al bivio tra l’eccesso e il difetto della specializzazione nel discorso pubblico. Eppure quel dilemma, a pensarci bene, racchiude e spiega anche la cruciale alternativa tra politiche fin troppo identitarie e mescolanze fin troppo varie. 

In qualche modo è anche la questione su cui si misurano alcuni dei protagonisti della politica italiana degli ultimi tempi. Sia Meloni che Schlein, per esempio, sembrano orgogliosamente proporsi come ricci e non come volpi. Entrambe scommettono sull’identità, entrambe indulgono alla ripetizione, entrambe vivono con un certo disagio quella attitudine al compromesso che in altri tempi è stata invece la quintessenza di molte stagioni della nostra politica. 

Si può considerare la questione come una sottigliezza fin troppo esile, e accontentarsi di come vanno le cose. Ma l’esito di questo modo di pensare è di sancire una sorta di reciproca insensibilità. E così non c’è una sola volta, neppure per sbaglio, che una delle due si avventuri a riconoscere un minimo di plausibilità nell’altra. E tantomeno che si produca la circostanza di una minuscola condivisione tra i loro seguaci. Cosa che accontenta le principali tifoserie, ovviamente. Ma che non fa fare un solo passo avanti alla possibilità di dar vita a un quadro istituzionale ripensato alla luce dei cambiamenti di cui pure le nostre due signore -e non solo loro- si considerano custodi.  

E’ abbastanza evidente che questo gioco di contrasti radicalizzati e di polemiche incrociate finirà per non portare da nessuna parte. E infatti anche quel cantiere istituzionale che s’era promesso di aprire resta per così dire al palo. Niente federalismo, niente presidenzialismo (cosa che non dovrebbe indurre alla disperazione, peraltro). Nessuna razionalizzazione del sistema politico. Nessuna celebrazione comune delle date storiche della vita repubblicana. Neppure uno straccio di iniziativa bipartisan sul Pnrr o sull’Ucraina, cioè sui due dossier più importanti su cui il nostro paese si gioca il destino delle prossime generazioni. 

Il trionfo dei ricci sulle volpi condanna la politica italiana a una sorta di ripetitiva monotonia. Come se la sola idea di scrivere due righe a due firme fosse considerata alla stregua di un tradimento delle proprie contrastanti identità. Cosa che i tifosi di una parte e dell’altra sicuramente apprezzano. Ma che infine condanna tutti a una sorta di inconcludenza su tutto quello che non appartiene alla loro opposta quotidianità. La conclusione di questi due itinerari appare già scritta. E cioè una lunga campagna elettorale che fa da ponte tra un’elezione e l’altra, inducendo un po’ tutti a ripetere il proprio ritornello in modi piuttosto pigri e convenzionali e a confidare che solo l’errore altrui possa portare fortuna alla causa propria. 

L’inabissarsi delle forze di centro nei gorghi della propria insofferente rivalità sembra rafforzare a sua volta la autoreferenzialità dei principali partiti in campo. Così tutto scivola verso un conflitto che il capo dello Stato farà sempre più fatica a dirimere. E che di sicuro non consentirà di aprire nessuno di quei cantieri istituzionali che pure tutti invocano a ogni angolo di strada. 

Prediche inutili, avrebbe detto a suo tempo Luigi Einaudi, primo capo dello Stato italiano nel lontano dopoguerra. Eppure proprio questa attitudine a battere sempre gli stessi sentieri rischia infine di far perdere a tutti i passeggeri di queste affollate carovane il senso della propria rotta e la possibilità di arrivare da qualche parte. Darsene la colpa a vicenda non promette di essere una così grande consolazione per nessuno”. (di Marco Follini)