Home CRONACA Firenze / 30 anni dalla Strage di via dei Georgofili

Firenze / 30 anni dalla Strage di via dei Georgofili

Lorenzo Ottanelli
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Erano da poco passate le una di notte del 27 maggio 1993 quando la bomba brillò in via dei Georgofili a Firenze. Lo stragismo mafioso stava colpendo le grandi città del centro-nord per mostrare la propria forza su tutto il territorio nazionale. Una vendetta per il colpo inflitto a Cosa Nostra, ma anche una tattica per venire a patti con lo Stato.

Un’autobomba in pieno centro. 277 kg di tritolo stipati in un furgoncino, un Fiat Fiorino, posteggiato tra via dei Georgofili e il piazzale degli Uffizi, sotto alla Torre dei Pulci. Alle 01:04 la bomba esplode, è notte e la strada quasi deserta. All’inizio si pensa ad uno scoppio dovuto al gas. Poi, il procuratore Pier Luigi Vigna capisce: è un attentato. La bomba, intanto, ha creato un cratere largo 4,20 metri e profondo 1,30. La Torre dei Pulci, sede dell’Accademia dei Georgofili, in frantumi. Persero la vita Angela Fiume e Fabrizio Nencioni, le loro figlie Nadia e Caterina. La più piccola di appena 50 giorni, la più grande di 9 anni. Dall’incendio propagato dall’esplosione perse la vita anche Dario Capolicchio, studente universitario fuorisede.

Un danno al patrimonio artistico di Firenze. Il 25% delle opere degli Uffizi e del Corridoio Vasariano furono danneggiate. Solo poche distrutte. I mandanti delle stragi furono condannati all’ergastolo: erano Matteo Messina Denaro, Giuseppe Graviano, Totò Riina. Altri condannati, tra questi Bagarella e Spatuzza.

Lo Stragismo

Dopo l’assassinio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino lo Stato aveva trovato il boss Salvatore Riina, il capo della Cupola di Cosa Nostra. Un messaggio rilevante, ma che non aveva messo a termine l’operato della mafia, che voleva mostrare la propria potenza a uno Stato che credeva di aver già vinto.

Una prima bomba a Roma, per cercare di colpire chi di Falcone era stato amico e gli aveva dato parola, Maurizio Costanzo. Due autobombe: una in via Palestro a Milano e una alla basilica di San Giorgio al Velabro a Roma. Il mancato attentato ai carabinieri all’Olimpico a Roma. Il 1993 è l’anno delle stragi, dopo quelle del 1992 contro Falcone e Borsellino. Ma anche dopo l’assassinio di Salvo Lima, che era referente per la Dc di Cosa Nostra.

Firenze fu colpita perché città d’arte, perché non si poteva pensare che la mafia potesse colpire anche al nord. Una strategia per mostrare che Cosa Nostra aveva in mano l’Italia e non solo la Sicilia. Nel 1994 al registro degli indagati appaiono anche Silvio Berlusconi e Marcello dell’Utri. Pier Luigi Vigna, il procuratore di Firenze a cui erano state affidate le indagini, era sicuro che istituzioni e servizi segreti fossero i mandanti occulti della strage. Berlusconi è sempre stato assolto, ma il suo nome compare continuamente. Non lo stesso per Marcello dell’Utri, che in prima istanza fu condannato e poi assolto in Appello.

Una cosa è chiara: dal 1994 la mafia smette di colpire, lo stragismo è acqua passata. Il motivo? Non certo la capacità di indagine e giudiziaria, che può avere influito solo in parte. La possibilità di una trattativa stato-mafia e di un accordo tra politica/istituzioni e criminalità organizzata è sempre più plausibile.