E’ mistero sulla sorte di Yevgeny Prigozhin, dopo il presunto golpe della Wagner che si è fermato a 200 km da Mosca e dal presidente russo Vladimir Putin. Fonti di Meduza vicine al Cremlino e al governo russo hanno convenuto che Prigozhin “è stato espulso dalla Russia. Il presidente non lo perdona”. La mossa del leader dei miliziani avrebbe però indebolito la figura di Putin. In una perquisizione a San Pietroburgo, ritenuto l’ufficio del capo della Wagner, trovati contanti per circa 44 milioni di euro. Blinken sottolinea le evidenti “crepe nel sistema di potere russo”. Mentre la Cina ha ribadito di sostenere Mosca “nel mantenimento della stabilità nazionale”.
I profili Telegram russi descrivono una Wagner con mercenari divisi tra chi confidava in un’azione decisa e chi continua a seguire il leader. Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha reso noto che i miliziani non subiranno procedimenti penali: sono liberi di tornare nelle loro basi, in attesa che venga definito il rapporto tra la formazione e il ministero della Difesa. Il leader della compagnia, dopo il dietrofront, avrebbe dovuto raggiungere la Bielorussia, secondo il Cremlino. Non è chiaro però dove si trovi ora, dopo aver salutato nella serata del 24 giugno i cittadini di Rostov. Ai media che dalla Russia hanno provato a contattarlo, è arrivata una risposta interlocutoria dell’ufficio stampa: “Manda i saluti a tutti e risponderà alle domande quando comunicherà normalmente”.
Fonti di Meduza vicine al Cremlino e al governo russo hanno convenuto che Prigozhin “è stato espulso dalla Russia. Il presidente non lo perdona”. Secondo loro, le parti “discuteranno” i dettagli dell’accordo sulla nuova posizione di Prigozhin, ma “non avrà la stessa influenza e le stesse risorse”. Non sono esclusi cambi ai vertici del ministero della Difesa. “Ma non su richiesta di Prigozhin, piuttosto a causa dell’autodeterminazione del ministero della Difesa”, prosegue la fonte.
Cinquemila banconote per un valore di circa quattro miliardi di rubli, l’equivalente di 43 milioni di euro, sono state trovate all’interno di scatole vicino al rifugio del fondatore e leader del gruppo a San Pietroburgo. Vicino all’ufficio sono stati trovati anche cinque chili di lingotti d’oro, sei pistole in pacchi e cinque mattonelle di polvere bianca. Il denaro, come hanno riferito media russi, sarebbe servito per le spese dell’organizzazione di mercenari.
Rinvenuti anche documenti, tra cui passaporti a nome di Prigozhin, con gli stessi dati anagrafici, ma con la fotografia di un altro uomo. Si tratta di un sosia di Prigozhin, che nel 2021 ha girato l’Europa, sostiene Fontanka.
Prigozhin ha cercato un contatto con Vladimir Putin durante la rivolta. Il presidente della Russia, però, ha rifiutato e non ha partecipato ai negoziati, condotti in particolare dal presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko. L’accordo che ha posto fine alla rivolta dei mercenari ha prodotto di fatto l’espulsione di Prigozhin dalla Russia. E’ quadro che Meduza, media russo indipendente, delinea citando una fonte vicina al Cremlino. “La dirigenza militare, membri dell’amministrazione presidenziale, la dirigenza della Rosgvardia (Guardia nazionale della Russia, ndr) e funzionari a lui vicini hanno cercato di comunicare con lui (Prigozhin, ndr). Ma non è chiaro di cosa volesse parlare, date le sue azioni”, ha detto la fonte. Allo stesso tempo, secondo fonti di Meduza vicine al Cremlino, a metà della giornata del 24 giugno Prigozhin ha cercato di contattare il Cremlino. Il leader dei mercenari anche “provato a chiamare Putin, ma il presidente non ha voluto parlargli”.
Il presunto tentativo di golpe della Wagner guidata da Evgheny Prigozhin ha messo in luce “crepe reali” in Russia nell’autorità del presidente Vladimir Putin che è stato costretto a un accordo di amnistia. E’ l’analisi del segretario di Stato americano, Antony Blinken, a circa 24 ore dalla conclusione della rivolta dei mercenari di Prigozhin. In un’intervista ai media americani, Blinken ha sottolineato che il leader della Wagner ha lanciato “una sfida diretta all’autorità di Putin. Quindi questo solleva domande profonde, mostra crepe reali”.
Il presidente russo Vladimir Putin può contare sul sostegno della Cina. Pechino ha espresso sostegno alle misure adottate dalla leadership russa per stabilizzare la situazione interna dopo l’ammutinamento del Gruppo Wagner, si legge una nota diffusa dal ministero degli Esteri russo citata dall’agenzia di stampa Tass.