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Napolitano, il figlio Giulio: “Non sopportava demagogia, urlo e invettiva”

Adnkronos
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(Adnkronos) – “La politica per lui richiedeva analisi, ascolto, discussione, decisione, assunzione di responsabilità. Non sopportava la demagogia, lo spirito di fazione, la riduzione del confronto politico a urlo e invettiva”.Così Giulio Napolitano, ricordando la figura del padre, il presidente emerito della Repubblica Giorgio, durante i funerali a Montecitorio.  

“Viviamo questo momento in spirito di unità e condivisione. Un deferente ringraziamento a Papa Francesco per le parole e il gesto che ci hanno emozionati -ha continuato – Non ricordo nella lunga e straordinaria vita di mio padre un solo giorno che non sia stato di lavoro. Il suo lavoro e il senso profondo della sua esistenza era la politica, intesa come ideale, missione e professione. La politica era per lui, come per molti di quella eccezionale generazione, una cosa sera”.  

Giorgio Napolitano, nelle vesti di nonno, “ci ha sempre detto che qualunque obiettivo è raggiungibile. Si ricordava tutto ciò che gli dicevamo e i numeri di telefono, ci ha fatto capire che potevamo contare su di lui ogni volta che ne avessimo bisogno e ci ha insegnato a trattare con rispetto chiunque. Ci ha insegnato l’importanza della famiglia e degli amici. Il profondo legame che è riuscito a costruire con le persone è testimonianza di ciò”. Così, visibilmente commossa, Sofia May Napolitano, nipote di Napolitano, ricorda il nonno, intervenendo in Aula. 

“Quando eravamo più piccoli ci scriveva sempre, anche quando non sapevamo ancora leggere – ricorda la giovane nipote, la voce incrinata dalla commozione -, e ci chiamava se in tv c’erano dei cartoni di nostri interesse. Ci veniva a prendere a scuola e poi ci portava a prendere il gelato a Villa Borghese. Ha sempre trovato tempo per me e Simone nonostante i suoi tanti impegni”. Napolitano andava a trovare i nipoti all’estero, “in Inghilterra e Svizzera, dove abbiamo studiato, non era mai accondiscendente né insistente. Si è sempre interessato ai nostri interessi, per lui non era importante che carriera scegliessimo purché fossimo felici e appagati”.