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Glioblastoma, scoperto un indice che predice la sopravvivenza: lo studio

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(Adnkronos) –
La zona del cervello in cui il cancro si sviluppa può fare la differenza per i malati di glioblastoma, il tumore cerebrale maligno più comune. Se cresce in aree ad alta densità di fibre, la sopravvivenza del paziente dal momento della diagnosi è più breve; viceversa, quando il glioblastoma si localizza in regioni cerebrali a bassa densità di fibre, la prognosi è migliore. La maggiore o minore presenza di fibre risulta quindi “un nuovo indice diagnostico non invasivo che predice la sopravvivenza nei tumori cerebrali”. La scoperta – oggetto di un brevetto italiano e internazionale – è descritta in uno studio pubblicato su ‘Jama Neurology’, frutto di una collaborazione tra le università di Padova, Berlino e Bordeaux e l’Istituto oncologico veneto (Iov) di Padova. Il coordinatore è Maurizio Corbetta, professore di Neurologia, direttore della Clinica neurologica dell’Azienda ospedale università di Padova e Principal Investigator del Vimm, Istituto veneto di medicina molecolare. 

Contro il glioblastoma non esistono ancora terapie efficaci, spiegano da Vimm e UniPd. Finora la maggior parte degli sforzi si sono concertati sulle caratteristiche del tumore (le sue mutazioni, le sue interazioni con il sistema immunitario, la risposta alla terapia). In questo lavoro, invece, l’attenzione si è focalizzata sulle caratteristiche dell’organo colpito. Il cervello è formato dai neuroni e dal connettoma, l’insieme delle fibre che collegano tra loro le varie aree cerebrali. Connessioni paragonabili a delle strade, che mettono in comunicazione le diverse regioni del cervello. Nel nuovo studio a guida italiana, gli scienziati hanno dimostrato che la prognosi del glioblastoma dipende anche e soprattutto dalla densità di connessioni strutturali nell’area in cui il cancro si sviluppa. In particolare, si è visto appunto che quando la densità di queste fibre è alta la sopravvivenza è inferiore, mentre è maggiore quando la densità di fibre è più bassa. “Il motivo – ipotizzano gli autori – può consistere nel fatto che quando il tumore cresce in regioni in cui ci sono più fibre, ovvero più ‘strade’, ha maggior probabilità di diffondersi alle restanti regioni del cervello”. 

La strategia messa a punto da Corbetta, da Alessandro Salvalaggio, ricercatore del Dipartimento di Neuroscienze dell’università di Padova, e da Lorenzo Pini, assegnista del Padova Neuroscience Center e del Vimm, permette dunque di calcolare “un indice di densità delle fibre di sostanza bianca dove cresce il tumore senza necessità di esami specifici, ma soltanto partendo dalla risonanza magnetica cerebrale che tutti i pazienti eseguono prima dell’intervento chirurgico”.  

“I risultati di questo studio – commenta Corbetta – dimostrano come l’approccio al glioblastoma non possa non considerare lo speciale organo nel quale cresce, il cervello umano. Le evidenze emerse da questa ricerca, oltre ad aver portato alla creazione di un indice diagnostico non invasivo, forniscono possibili spunti e indicazioni per nuovi approcci terapeutici”.