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Stefano Cucchi, all’udienza Ilaria non c’è: “14 anni di processi, non ce la facevamo più”

Adnkronos
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(Adnkronos) – Non c’è una revoca formale della costituzione di parte civile ma nell’udienza davanti ai giudici della prima sezione penale della Cassazione, che vede imputati il maresciallo Roberto Mandolini e il carabiniere Francesco Tedesco accusati di falso, Ilaria Cucchi e il suo legale, l’avvocato Fabio Anselmo, non sono presenti. “Non ce la facevamo più. Non credo che la giustizia abbia ancora bisogno di noi. Dovrà fare comunque il suo corso – dice Ilaria Cucchi interpellata dall’Adnkronos -. Ci siamo fatti carico di 14 anni di processi, 16 gradi di giudizio e oltre 160 udienze. Credo che lo sforzo che ci è stato imposto sia disumano ed ampiamente sufficiente. Ringrazio il sostituto procuratore generale della Cassazione Antonietta Picardi per il suo lavoro che mi fa capire ancora una volta che ha senso credere nella giustizia”.  

Oggi la Suprema Corte sarà chiamata a esprimersi sulla condanna a tre anni e sei mesi per Mandollini, all’epoca dei fatti comandante della stazione Appia, e sulla pena di due anni e quattro mesi comminata a Tedesco, il militare che con le sue dichiarazioni ha fatto riaprire le indagini sulla morte di Cucchi. Condanne che sono state pronunciate dalla Corte d’Assise di Appello di Roma il 21 luglio 2022, a poche ore dalla prescrizione. Un Appello bis che era stato disposto proprio dalla Suprema Corte nell’ambito dell’udienza con la quale era stata resa definitiva la condanna a 12 anni di carcere per i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro accusati di omicidio preterintenzionale. 

Dichiarare inammissibili i ricorsi presentati dalle difese contro le condanne di Appello bis nei confronti del maresciallo Mandolini e del carabiniere Tedesco per falso nell’ambito del caso Cucchi. Questa la richiesta del sostituto procuratore generale della Cassazione Antonietta Picardi al termine della requisitoria davanti ai giudici della prima sezione penale. 

“Tutta la requisitoria si basa sul dato che Mandolini era a conoscenza di cosa è avvenuto quella sera”, ha sottolineato in aula il sostituto procuratore generale della Cassazione. Il pg nelle scorse settimane aveva già depositato una requisitoria scritta in vista dell’udienza di oggi in cui aveva evidenziato come ‘’il non aver riportato nel verbale di arresto i nomi dei due carabinieri (Di Bernardo e D’Alessandro, ndr.) non solo è un dato incontestabile, ma sicuramente rappresenta uno degli elementi da cui partire per evidenziare una volontà omissiva della loro presenza’’. ‘’Non si può che concludere per la consapevolezza di Mandolini della partecipazione dei due carabinieri in borghese all’arresto; ovvio l’argomentare conseguenziale: avendo redatto tutti i verbali alla fine della serata è evidente che egli abbia omesso quanto era a sua conoscenza, indifferente alle norme codicistiche in tema di redazione di verbale di arresto e del suo contenuto’’. 

”Si può concludere quindi che la condotta contestata non integra un falso innocuo – aveva riportato il pg nella requisitoria scritta – poiché l’infedele attestazione dei nominativi di coloro che hanno partecipato all’arresto è certamente rilevante ai fini del significato dell’atto e ha avuto un considerevole impatto sulla funzione documentale dello stesso, soprattutto perché redatto nella piena consapevolezza che dovesse evitarsi di far conoscere all’autorità giudiziaria la presenza di altre e diverse persone al momento dell’arresto”.  

Per la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi degli imputati, entrambi presenti in aula, si sono espresse anche le parti civili, tra cui il Comune di Roma e i legali degli agenti della polizia penitenziaria, finiti sul banco degli imputati nel primo processo e poi assolti in via definitiva per non aver commesso il fatto. Mentre le difese di Mandolini e Tedesco hanno chiesto alla Corte di annullare senza rinvio la sentenza d’Appello bis. La sentenza è attesa in serata.