(Adnkronos) – Prima, la buona notizia: i prezzi calano e l’inflazione a ottobre è ben sotto il 2%, all’1,7%, con una variazione mensile di -0,2%. Un dato che non si registrava da luglio 2021 (+1,9%). Poi, un’analisi più approfondita dei dati: pesa molto l’energia e meno il settore alimentare e, soprattutto, c’è ‘un effetto ottico’ perché il dato è influenzato dal confronto con ottobre 2022, quando si registrarono forti aumenti dei prezzi del comparto energetico, nel pieno della crisi legata al conflitto in Ucraina.
A ottobre l’inflazione evidenzia un netto calo, scendendo a +1,7%, dato che non si registrava da luglio 2021 (+1,9%). La “drastica discesa” del tasso di inflazione “si deve in gran parte all’andamento dei prezzi dei beni energetici, in decisa decelerazione tendenziale a causa dell’effetto statistico derivante dal confronto con ottobre 2022, quando si registrarono forti aumenti dei prezzi del comparto”, rileva l’Istat. Un contributo al ridimensionamento dell’inflazione si deve inoltre alla dinamica dei prezzi dei beni alimentari, il cui tasso tendenziale scende al +6,3%, esercitando un freno alla crescita su base annua dei prezzi del ‘carrello della spesa’ (+6,1%). Infine, più contenuta è la flessione dell’inflazione di fondo, che a ottobre si attesta al +4,2% (dal +4,6% di settembre).
L’accenno che fa l’Istat al confronto con ottobre 2022 è alla base della valutazione che arriva dalle associazioni dei consumatori, parlando con il Codacons di “un effetto ottico”. Cosa vuol dire? La spiegazione è fondata. “La consistente decelerazione del tasso è dovuta unicamente al forte rallentamento dei prezzi dei beni energetici che, su base annua, registrano un -17,7% per quelli non regolamentati e -31,7% quelli regolamentati. Il confronto avviene poi col 2022, anno caratterizzato da una impennata record dei listini al dettaglio in tutti i settori, altro fattore che incide sul tasso attuale di inflazione”. C’è però da considerare comunque il trend di riduzione, in un percorso di rientro dei prezzi verso valori ‘normali’ che sembra consolidarsi.
Il dato rilevato dall’Istat a ottobre, +6,1%, segnala che l’emergenza prezzi è tutt’altro che archiviata. Con una maggiore spesa per il cibo che le associazioni dei consumatori stimano in 532 euro l’anno per una famiglia con due figli. Nonostante i dati indichino un progressivo anche se lento miglioramento della situazione, le conseguenze per il costo della vita e sul potere di acquisto restano significative. L’Unione nazionale consumatori mette in discussione per questo anche l’iniziativa promossa dal governo sul trimestre anti inflazione. “L’effetto è stato nullo, come avevamo ampiamente previsto e annunciato. Il che equivale a un fiasco, a un fallimento. Un insuccesso attestato dal fatto che rispetto a settembre, unico confronto corretto per giudicare l’iniziativa del Governo, i prezzi dei prodotti alimentari sono rimasti gli stessi”, evidenzia il presidente Massimiliano Dona. Per valutare l’operazione sarà comunque indispensabile considerare anche i prossimi dati, quelli di novembre e dicembre.
Un paragone interessante è quello con l’andamento dell’inflazione di altre grandi economie, confrontabili con l’Italia. Ad ottobre 2023 i prezzi al consumo in Francia aumentano dello 0,1% su un mese e del 4,0% su un anno. In Gran Bretagna, fanno segnare una variazione nulla su base mensile e un aumento del 4,6% su base annua, rispetto all’aumento dei prezzi del 6,7% di settembre.
(di Fabio Insenga)