Arrivano critiche al ddl Casellati sul premierato dai primi costituzionalisti auditi questa mattina in Commissione Affari costituzionali al Senato. Per i giuristi il testo del premierato presenta “incoerenze” a partire dal fatto che il ddl non chiarisce il tema dell’elezione diretta” del premier, come ha sottolineato Francesco Clementi, professore ordinario di diritto pubblico comparato all’Università di Roma ‘La Sapienza’. In linea anche le parole del costituzionalista Fulco Lanchester che ha parlato di un testo che “nella forma attuale, è non adeguato e pericoloso perché è scritto in maniera insufficiente nella forma e nella sostanza”. Dura la giurista Maria Agostina Cabiddu, che ha invitato a “lasciare le cose come stanno” pensando piuttosto “a rinnovare la classe politica e non la Costituzione”.
“Sono critico verso questo progetto – ha detto Lanchester – perché confligge con gli standard del costituzionalismo democratico, basato sull’equilibrio e la separazione dei poteri”. “Si prospetta -ha spiegato- l’ipotesi di superamento del modello liberal-democratico proposto dalle costituzioni del secondo dopoguerra”. “In particolare, distrugge la collaborazione elastica tra gli organi costituzionali di indirizzo attivo, tipica della forma di governo parlamentare liberal-democratica” puntando “apparente tutto sulla figura del ‘Presidente del Consiglio’, eletto direttamente dal Corpo elettorale”. Ultima stoccata è per i vincoli che deriverebbero dal premierato nella forma proposta ai parlamentari, per i quali si “istituisce un obbligo di mandato imperativo, in testa dei parlamentari in violazione palese dell’ art.67 della Costituzione, con il necessario richiamo alla volontà espressa in sede elettorale”.
Clementi ha ribadito come a rischiare “è l’unità nazionale, rappresentata dal capo dello Stato, per questo il presidente, chiunque esso sia, si troverebbe di fronte a questo testo in grande imbarazzo”. “Come figura si troverebbe a essere senza alcun potere, pur avendo i poteri scritti in Costituzione”. Per la professoressa Maria Agostina Cabiddu, ordinaria di Istituzioni di diritto pubblico al Politecnico di Milano, con quanto annunciato dal ddl “siamo di fronte a frasi accattivanti, che parlano all’elettore” promesse “anche in vista di un eventuale referendum”. “Si cercano però scorciatoie” mancando “la corretta informazione agli elettori sui contenuti della riforma”. “Serve, quando si mette mano alla Costituzione – chiede – correttezza nell’informazione?”. “Parlare di democrazia diretta, come ha fatto anche qualcuno al governo” non è corretto “perché non c’è società complessa che se la possa permettere”, aggiunge la docente.
“La classe politica – chiede ancora – dovrebbe innanzi tutto rinnovare se stessa, non dare le colpe alla Costituzione”. “Non credo sia necessario poi aumentare i poteri del presidente del Consiglio”, ha aggiunto Cabiddu, con riferimento ad altri auditi che hanno invece riconosciuto questa esigenza, come dato di partenza, alla base dei testi di riforma in esame. Passando al ruolo del Capo dello Stato Cabiddu non nasconde la sua contrarietà a quanto prevede il ddl: “Ora, se le parole hanno un senso, bisognerebbe spiegare, anche a Gianni Letta, che cosa rimane delle prerogative del Presidente della Repubblica una volta che ad esso siano sottratti il potere di scioglimento delle Camere, quello di nomina del presidente del Consiglio e persino la nomina dei senatori a vita”.
“Rimarrebbe – assicura – un carapace pressoché vuoto e, di più, privo di una legittimazione diretta, quale invece viene riconosciuta al capo del governo. Dice Joe, lo straniero in un celeberrimo film di Sergio Leone, ‘Quando un uomo la pistola incontra un uomo con il fucile, quello con la pistola è un uomo morto!’, ecco il Presidente della Repubblica è l’uomo con la pistola, altro che intervento male e rispettoso delle prerogative presidenziali”. “Io penso -ha concluso- che sia meglio lasciare le cose come stanno”.
Ultimo intervento della mattinata quello di Giovanni Guzzetta, ordinario di istituzioni di diritto pubblico presso l’Università di Roma Tor Vergata. Che tra gli intervenuti della prima sessione è il più positivo nelle valutazioni del testo di riforma, partendo dalla sottolineatura “del bisogno della stabilità dei governi”. “C’è una varietà di opzioni, si tratta di scelte da fare”. Nei vari Paesi siamo di fronte a scenari diversi “come in Svezia, dove il Presidente della Repubblica non ha nessun ruolo per le crisi parlamentari”, ha ricordato.