(Adnkronos) – Incognita sui negoziati per il rilascio degli ostaggi israeliani. “E’ ormai dal primo dicembre, giorno della fine della tregua, che non emergono soluzioni” per un nuovo accordo sulla liberazione dei prigionieri in cambio della sospensione dei combattimenti, mentre “la leadership in Qatar mostra un continuo, forte impegno per la soluzione del conflitto e la fatica di un negoziato che si è fatto sempre più difficile”. Fonti a Doha raccontano all’Adnkronos il clima di frustrazione che si respira nell’emirato, mentre Joe Biden riprende l’iniziativa, decidendo di mandare
a Gaza e in Europa il capo della Cia William Burns, per incontrare il capo del Mossad, David Barnea, il premier del Qatar Mohammed bin Abdulrahman Al Thani e il capo dell’intelligence egiziana Abbas Kamel per riuscire ad arrivare a una intesa.
Alla frustrazione per uno stallo del negoziato nel quale “sono emotivamente coinvolti” in ragione della vicinanza alla causa palestinese, si aggiunge la rabbia per le presunte parole di Benjamin Netanyahu, che avrebbe definito Doha un mediatore “problematico” paragonandolo a Nazioni Unite e Croce Rossa. “Il fuorionda paradossale del premier israeliano ha dato ai qatarini lo spunto per intervenire pubblicamente, passo molto raro per la diplomazia del Paese del Golfo”, le parole del portavoce del ministero degli Esteri, che ha definito “irresponsabili” le dichiarazioni riportate dai media del premier israeliano, accusandolo di “ostacolare la mediazione per ragioni che sembrano servire alla sua carriera politica”.
Lo scontro con il Qatar è l’ultimo atto dell”accerchiamento’ intorno a Netanyahu, assediato dai familiari degli ostaggi e da Biden, dai leader europei e da quelli dei Paesi arabi, ma sempre intenzionato a non cedere sulla guerra a Gaza e sull’obiettivo di distruggere Hamas. Allo stesso tempo a Doha, di fronte all’indebolimento di Hamas, avanzano gli interrogativi su chi saranno i palestinesi che potranno governare Gaza una volta finita la guerra; incluso chi riesca eventualmente a “redimersi” nelle file di Hamas. Una discussione che si intreccia al negoziato sugli ostaggi che, pur essendo in stallo, “Doha non molla, perché non ha alternative; rinunciare a essere parte della trattativa sarebbe un grosso danno per un Paese che ha fatto della capacità di mediazione l’asset centrale della sua politica”.
Il Qatar è stato un “partner regionale fondamentale e insostituibile” per gli Stati Uniti da quando è scoppiato il conflitto tra Israele e Hamas il 7 ottobre, ha affermato intanto il vice portavoce del Dipartimento di Stato americano Vedant Patel dopo le affermazioni del primo ministro israeliano.
Il portavoce del Ministero degli Affari Esteri del Qatar, Majed al-Ansari, ha detto che Doha è rimasta “sconvolta” dalle presunte osservazioni, che sono state ascoltate in una registrazione trapelata e che sono state attribuite a Netanyahu.
Nelle intenzioni Usa, l’intesa comprenderebbe il rilascio degli ostaggi ancora a Gaza in cambio della pausa dalle ostilità più lunga, registrata dall’inizio della guerra. Lo rivela il Washington Post, citando fonti informate.
Le discussioni che Burns avrà in Europa – continua il Post che non specifica in quale Paese europeo avverranno gli incontri, che lo scorso dicembre sono avvenuti a Varsavia – continueranno il lavoro che il diplomatico diventato capo dell’intelligence Usa ha condotto in conversazioni telefoniche con le sue controparti. Egitto e Qatar sono i mediatori chiave tra Israele e Hamas, ed hanno permesso che arrivasse al primo accordo di tregua e rilascio ostaggi lo scorso novembre. A oggi, però, le tensioni tra Qatar e Benjamin Netanyahu sono ora alle stelle, dopo la diffusione di audio in cui si sente il premier screditare Doha, durante un incontro con i familiari degli ostaggi.