(Adnkronos) – È appena uscito in Francia un libro che è un manuale perfetto per orientarsi in quest’anno “super-elettorale”, e che parte dalla storia politica italiana per raccontare un fenomeno contemporaneo: il post-populismo. L’autore è Thibault Muzergues, analista politico francese che vive a Roma e lavora per il think tank americano International Republican Institute. Aver lavorato anche in Est Europa e nel Regno Unito fanno di lui uno dei migliori conoscitori dei sommovimenti politici che attraversano le democrazie occidentali.
Il post-populismo nasce con la fine della fase “rivoluzionaria” della Brexit, del primo mandato Trump e del governo Lega-M5S, ovvero quando pandemia e invasione russa dell’Ucraina cambiano la traiettoria di molti partiti politici. Che mantengono una serie di caratteristiche sovraniste/populiste (contrasto all’immigrazione clandestina, protezionismo a livello commerciale e conservatorismo sui temi sociali), ma le condiscono con elementi che pochi anni prima sarebbero stati un anatema: un buon rapporto con i mercati finanziari, dialogo costante con le istituzioni europee e una solida riaffermazione dell’Alleanza atlantica.
Nel libro, Giorgia Meloni emerge come la leader post-populista per eccellenza, in grado di mantenere lo spirito “di rottura” e allo stesso tempo mantenere credibilità e affidabilità internazionale. Insieme a lei si trovano Jimmie Åkesson in Svezia e Nikki Haley negli Stati Uniti. Ma il fenomeno esiste anche a sinistra, sebbene meno definito: gli esempi sono i laburisti inglesi di Keir Starmer, che ha “depurato” il partito dagli eccessi corbynisti e ora vola nei sondaggi, o il partito greco Syriza, che doveva travolgere l’Unione europea a suon di referendum ed è diventato molto più moderato.
L’AdnKronos ha incontrato Muzergues per commentare il suo libro e la situazione politica attuale. “Il populismo non è finito, ma coesiste con il post-populismo un po’ come il paganesimo e il cristianesimo fecero per tre secoli”, esordisce l’autore. “C’è un gioco di coabitazione, competizione e cooperazione. Nell’ultimo anno abbiamo assistito agli arretramenti di Vox in Spagna, del PiS in Polonia, di Andrej Babis in Repubblica Ceca. D’altra parte ci sono gli exploit di Trump alle primarie repubblicane e di AfD in Germania dopo 15 anni in cui Angela Merkel ha fatto da ‘tappo’ ai movimenti anti-sistema. Il gioco tra populisti e il loro ‘antidoto’ lo vediamo sia a livello nazionale, con Matteo Salvini che governa insieme a Giorgia Meloni, ed europeo, con la premier italiana che convince l’ultra-populista Orbán a votare il pacchetto di aiuti all’Ucraina”.
L’Italia nel libro di Muzergues è un grande laboratorio politico, a partire dall’Uomo Qualunque di Giannini fino al Movimento fondato da Grillo e Casaleggio. “Il Vaffa-Day del 2007 precede di quasi dieci anni gli shock di Trump e della Brexit. L’ondata populista ha sostituito la separazione tra destra e sinistra con la battaglia del popolo contro le élite. Oggi invece Meloni e Schlein tornano a scontrarsi su immigrazione, sussidi economici, tasse, sicurezza: non usano più la frattura popolo/élite, ma giocano su un terreno più ‘classicamente’ di destra contro sinistra”.
Muzergues all’Adnkronos spiega anche l’inedita dinamica francese. “Marine Le Pen punta a diventare post-populista, per conquistare l’Eliseo e superare lo storico ‘cordone sanitario’ intorno alla sua famiglia. Mentre Macron avrà ‘salvato’ il Paese dal populismo due volte. La prima vincendo le elezioni contro Le Pen, la seconda quando, con lo scadere del suo secondo mandato, metterà fine al macronismo. È un paradosso, ma oggi è lui ad agitare lo scettro populista, ad esempio con i Grand dèbat national, assemblee tra governo e cittadini in cui si elimina la mediazione del parlamento e si smonta il sistema della democrazia rappresentativa. O quando cambia il nome all’Ena, la scuola dei grand commis, per sembrare uno che combatte le élite. Dunque esiste anche un populismo di centro, tipo quello di Renzi quando voleva rottamare la classe politica”.