L’orto ci salverà? Preveniamo: questo fine settimana facciamo nostri i
suggerimenti di “è la via dell’orto”, a Camaiore in Versilia. Gli orti aumentano sui tetti dei palazzi nelle grandi città (Milano come Johannesburg). Vanga e canestro assolvono anche ad un ruolo sociale: nell’ex ospedale psichiatrico di Collegno da poco ha preso il via un progetto rivolto a persone con disabilità. Uno degli esempi italiani disseminati tra carceri, ospedali e orti urbani. Inoltre colmano esigenze alimentari e mettono in pace il cuore ambientalista che batte in noi.
Metabolizzato il chilometro zero, un numero crescente di persone si trasforma in hobby farmer. E aumentano anche gli chef che chiedono aiuto a parenti o coltivatori di fiducia per gestire appezzamenti di terra, in modo da assicurare alle proprie cucine verdure di stagione. Meglio se biologiche.
Una ricerca pubblicata tre anni fa da Nomisma (società bolognese di studi economici) in collaborazione con il mensile Vita in Campagna (la rivista di agricoltura hobbistica più diffusa nel nostro Paese), dava i coltivatori italiani “per caso” a poco oltre il milione. Non addetti ai lavori, bensì persone che nella vita svolgono altri mestieri.
Diversa è la posizione di chi, pur non impegnato in agricoltura a tempo pieno, ne ricava un piccolo reddito, perché allora il numero s’impenna.
I contadini per diletto, chiamiamoli così, sono prevalentemente pensionati (36,4%), età media 57 anni, con un livello d’istruzione medio alto, in maggioranza uomini.
Dati in crescita. Lo scopo? Garantire una materia prima sana e genuina al nucleo familiare.
La tendenza, anche tra illustri Signor Nessuno, è dunque quella di recuperare
sapori in via di estinzione: patate gustose, piselli maturati al sole di una primavera inoltrata, lattughe croccanti, cavoli dall’odore infestante ma generosi al palato. “Le persone vogliono riconoscere il sapore di ciò che vedono nel piatto – dice Riccardo Monco, insieme a Italo Bassi a capo della cucina di Enoteca Pinchiorri di Firenze– (Nella foto con la signora Annie Feolde) I commensali sono ben preparati, per questo la nostra ricerca della materia prima privilegia qualità a tutto vantaggio di sapore e salute. A tal fine Enoteca Pinchiorri ha stretto un accordo con un coltivatore che ci fornisce verdure biologiche”. L’azienda
in questione è Cà Lumaco di Zocca, sull’Appennino fra Modena e Bologna, nella cui terra trovano dimora anche le dolcissime carote viola di Kyoto, importate da Monco durante uno dei viaggi nel Paese del Sol Levante dove l’Enoteca pone la propria firma su un ristorante a Nagoya.
Anche Marco Stabile, chef stellato di Ora d’Aria, (nella foto in alto) ha scelto di far crescere carote e pomodori nella Calvana, tra Prato e il Mugello. Ad occuparsi del suo orticello c’è Andrea, contadino d’altri tempi, concentrato su verdure classiche toscane e recentemente anche su antiche varietà scomparse. In parte dissoda per Stabile e in parte per i Gas (gruppi di acquisto solidale). “Avere una persona che si dedica all’orto per me mi garantisce verdure veramente fresche, genuine, ricche di sapore – spiega il patron di Ora d’Aria, in via dei Georgofili a Firenze – Il suo terreno è molto minerale, ne escono frutta e verdura particolari. Inoltre ci stiamo dedicando a recuperare
vecchie varietà toscane, un po’ come i contadini custodi”.
Spostandoci a Pescia, al timone di Atman incontriamo Igles Corelli. Nel suo orto di 2mila metri quadri trovano casa varietà per tutti i giorni, più qualche frutto speciale come sorbo, mela cotogna, giuggiole, nespolo selvatico, ciliegia di Vignola per fare la differenza a tavola. Uno spazio molto apprezzato, soprattutto dagli stranieri che frequentano anche i corsi di cucina di Corelli. “Un bell’impegno, ma un valore aggiunto per il ristorante” sintetizza il pluripremiato chef ferrarese. Al tutto si aggiungono una limonaia, cinque fila di barbatelle da Vinsanto, venti tipologie diverse di rose antiche da cui ricavare sciroppo, un distillatore per olii essenziali.
Un orto dunque che ci aiuta a guardare ai nostri trascorsi, senza romanticismi, ma con lucidità. Perché come dice Claudio Pozzi, referente toscano di Civiltà Contadina, l’associazione nata dall’esperienza dei “seeds savers”: “Se non rivediamo il nostro modello sociale in modo che ricercatori, agricoltori, trasformatori e consumatori siano tutti sullo stesso piano, il Mondo è destinato all’autodistruzione”.
In questo quadro vi suggeriamo un appuntamento che si terrà questo fine settimana in Versilia, dove potrete ascoltare anche Claudio Pozzi. Sabato e domenica strade e piazze del centro storico del paese sorto sulla via Francigena ospiteranno “È la via dell’orto”, quarta edizione della mostra-mercato votata alla divulgazione della cultura (e della coltura) di ortaggi, sementi, erbe. Decine i banchi con in vendita tutto quanto fa orto. Ad arricchire l’offerta: diversi momenti d’informazione (tra i quali
l’appuntamento con Pozzi domenica alle 10 in piazza San Bernardino), esempi di campi seminati, laboratori per imparare ad estrarre i colori dai vegetali, ma anche per ricavare saponi e detergenti naturali. Insomma: se il ritorno alla terra è nei vostri pensieri, anche solo per affettare pomodori succosi in estate o bollire sott’oli da stoccare per l’inverno, sabato e domenica dalle 10 alle 19.30 a Camaiore troverete molte risposte alle vostre domande. Inclusa una merenda d’altri tempi dedicata a tutti nel pomeriggio.
Irene Arquint