L’argine arriva nel pomeriggio, a slavina già partita. A provocarla i titoloni dei siti online sul ritorno del ‘redditometro’, vale a dire il ‘radar’ del fisco per stanare furbi e furbetti avvalendosi della capacità di spesa dei contribuenti per risalire ai loro redditi. Un esempio su tutti? Se stando alla tua dichiarazione dei redditi fai fatica ad arrivare a fine mese, difficile tu possa giustificare l’acquisto di una barca e di una seconda casa in una località di grido.
Dopo essere stato abrogato nel 2018, il decreto ministeriale del 7 maggio, pubblicato in Gazzetta Ufficiale lunedì e firmato dal vice ministro all’Economia Maurizio Leo, ripristina lo strumento di ‘accertamento sintetico’ che risale al reddito analizzando la capacità contributiva per gli anni d’imposta a decorrere dal 2016. Ritorno al redditometro, dunque? Matteo Renzi non ha dubbi: “Giorgia Meloni è la premier delle tasse”, punta il dito sui social l’ex premier, attribuendosi il merito di aver cancellato la ‘sentinella’ del Fisco nel 2015.
A poco più di due settimane dal voto, il ritorno del redditometro rischia di trasformarsi in un boomerang per le forze di maggioranza al governo, sarà per questo che Forza Italia e Lega non perdono tempo a marcare le distanze.
“Il redditometro non è certo la pietra miliare della nostra politica – dice all’Adnkronos il deputato di Fratelli d’Italia e presidente della Commissione Finanze della Camera Marco Osnato -. Se qualcuno vuole puntualizzare benissimo, ma un conto è evidenziare qualche critica e un altro conto dire ‘il provvedimento è del viceministro Leo, chiedete a Fratelli d’Italia’. I provvedimenti – rimarca Osnato – sono tutti collegiali, nessuno attribuisce a Giorgetti la paternità esclusiva delle misure sul superbonus. Ci vuole serenità, siamo in campagna elettorale, è giusto far valere le proprie ragioni ma ricordiamoci che siamo una coalizione. Non penso che domani vedremo Leo col fucile puntato contro i contribuenti”.
Che così non sarà lo chiarisce lo stesso Leo, quando decide, giustappunto, di arginare la slavina. In una nota, rimbalzata anche all’interno di Palazzo Chigi, il viceministro puntualizza che non c’è nessun ritorno al “vecchio redditometro”, il decreto ministeriale che ha fatto fibrillare la maggioranza mette invece “limiti” al potere discrezionale dell’amministrazione finanziaria.
“Il centrodestra – chiarisce Leo – è sempre stato contrario al meccanismo del ‘redditometro’ introdotto nel 2015 dal Governo Renzi. Il decreto ministeriale pubblicato in questi giorni in Gazzetta mette finalmente dei limiti al potere discrezionale dell’Amministrazione finanziaria di attuare l’accertamento sintetico, ovvero la possibilità del Fisco di contestare al contribuente incongruenze fra acquisti, tenore di vita e reddito dichiarato. Potere previsto dall’ordinamento tributario fin dal 1973”.
Nel dettaglio, spiega, “con il nostro decreto, siamo intervenuti per correggere una stortura che si è creata nel 2018, quando il Governo Conte 1 ha abolito il dm 16 settembre 2015, il cosiddetto ‘redditometro’, del Governo Renzi e aveva contestualmente stabilito che si dovesse emanare un nuovo decreto con dei paletti precisi a garanzia del contribuente, in modo da limitare al minimo il contenuto induttivo dell’accertamento, e privilegiando sempre il dato puntuale a garanzia del contribuente”.
A rilanciare ci pensa Palazzo Chigi, con fonti che rendono noto che al prossimo Cdm -slittato ancora una volta e atteso venerdì- Leo terrà un’informativa “sul superamento del redditometro”. Parole usate non a caso, ma con la ferma volontà di smarcarsi da un provvedimento che rischia di far storcere il naso a larghe fasce di potenziale elettorato. O a spostare voti verso chi è più lesto a piantare paletti. Sarà per questo che le parole di Leo non bastano a silenziare malumori e mugugni. “L’inquisizione è passata da tempo – tuonano fonti di via Bellerio – e non tornerà di certo con la Lega al governo. Controllare la spesa degli italiani, in modalità Grande fratello, non è sicuramente il metodo migliore per combattere l’evasione. Auspichiamo che la proposta del viceministro Leo non sia orientata in questa direzione. Da sempre invece la Lega punta su un fisco più equo e su una progressiva riduzione della pressione tributaria”.
Stessa linea in Forza Italia, seppur con toni meno barricadieri o da “capitan Fracassa”, per citare le parole usate oggi da Antonio Tajani e che sembrano puntare dritto alla Lega. “Noi riteniamo, come Fi, che il governo di centrodestra debba subito determinare l’obsolescenza del redditometro e il suo superamento, per passare al concordato preventivo fiscale”, dice all’Adnkronos il capogruppo in Senato Maurizio Gasparri.
Ma anche per Fdi, come è pronta a rimarcare la stessa premier Giorgia Meloni in Cdm, il ‘radar’ del fisco è roba del passato. Anche se gli affondi della Lega e i dubbi di Fi non passano certo inosservati in via della Scrofa. “Mi sono un po’ meravigliato che tanti leghisti, e altri, abbiano fatto dichiarazioni probabilmente senza aver letto bene il provvedimento. Io mi riservo di leggerlo attentamente…”, dice, parlando con l’Adnkronos, il deputato di Fratelli d’Italia e commercialista Andrea De Bertoldi, e promuovendo a pieni voti Leo, “il più bravo di tutti”.
“Fratelli d’Italia è sempre stato contro il redditometro e davvero non c’è nessun ritorno a quello varato da Renzi – assicura Fausto Orsomarso, esponente di Fdi e membro della Commissione Finanze di Palazzo Madama -. Il decreto Leo interviene per correggere una stortura che si è creata nel 2018, quando il governo Conte 1 ha abolito il redditometro Renzi e aveva contestualmente stabilito che si dovesse emanare un nuovo decreto con dei paletti precisi a garanzia del contribuente, in modo da limitare al minimo il contenuto induttivo dell’accertamento, e privilegiando sempre il dato puntuale a garanzia del contribuente. Purtroppo quel decreto non è mai stato emanato e col decreto Leo si mettono finalmente dei limiti al potere discrezionale dell’amministrazione finanziaria di attuare l’accertamento sintetico, ovvero la possibilità del fisco di contestare al contribuente incongruenze fra acquisti, tenore di vita e reddito dichiarato”. Fatto sta che, redditometro o meno, il decreto ministeriale firmato Leo continua a far ballare la maggioranza.