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Meloni lancia sfida Ue: “Vinto lo scudetto, ora la Champions”

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“Il 25 settembre del 2022 abbiamo vinto lo scudetto. Ora vinciamo la Champions”. In Piazza del Popolo, nel giorno della finale di Coppa dei Campioni tra Borussia Dortmund e Real Madrid, Giorgia Meloni ricorre a una metafora calcistica per mobilitare la sua base in vista del voto dell’8 e 9 giugno. Dal palco della manifestazione di FdI, primo e unico suo comizio in questa campagna elettorale, la leader di Fratelli d’Italia suona la carica parlando di un “referendum tra due visioni” di Europa: da una parte – scandisce la premier davanti alla folla di militanti arrivati da tutta Italia – una Ue “ideologica”, “nichilista” e “centralista”, dall’altra un’Europa “fiera”, ancorata alle sue radici. Questo il bivio indicato da Meloni, protagonista assoluta della kermesse, intitolata con lo slogan che sta accompagnando la corsa di FdI verso il voto, “Con Giorgia l’Italia cambia l’Europa”.

Alle migliaia di simpatizzanti che sventolano bandiere tricolori e vessilli con il logo del partito (20mila presenze secondo la questura; 30mila per gli organizzatori), l’inquilina di Palazzo Chigi non nasconde la posta in palio in questa tornata elettorale: un voto “maledettamente importante” che sarà “il punto di svolta per la Ue”, sostiene Meloni. L’obiettivo, costruire una maggioranza di governo di centrodestra “alternativa alla sinistra” anche in Europa, per “fare la storia”. Anche perché “con la sinistra non abbiamo mai governato e non governeremo, né in Italia né in Europa”. Ma tutto dipende “da voi”, dice la leader di Via della Scrofa rivolgendo un appello ai suoi: “Finché ci siete voi ci sono anche io”, gli occhi del mondo “sono puntati su di noi” e bisogna mostrare “quello di cui siamo capaci”.

Ne ha per tutti, la presidente del Consiglio. Dalla segretaria del Pd Elly Schlein al leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, da Nicolas Schmit (candidato dei socialisti alla guida della Commissione europea) al governatore campano Vincenzo De Luca, con il quale Meloni da mesi ha ingaggiato un duello verbale sfociato nella frase “sono quella str… della Meloni”, trasmessa a mo’ di jingle dagli altoparlanti di Piazza del Popolo per la gioia dei sostenitori di “Giorgia”. Alla leader del Pd, Meloni di chiede di prendere posizione dopo le parole di Schmit secondo cui “io non sarei una leader democratica. Chiedo pubblicamente a Elly Schlein se condivide queste parole. Elly, è una domanda semplice, non scappare anche stavolta”, incalza la premier bollando come “irresponsabili” e “deliranti” le dichiarazioni dello ‘Spitzenkandidat’ del Pse, che rischiano di fornire “un alibi agli estremisti per avvelenare le democrazia con odio politico”. Sui 5 Stelle: “Hanno tradito tutte le loro promesse fatte” e questa “è la loro unica coerenza… Da quelli che volevano trasformare il Parlamento in un palazzo di vetro a partito consociativo da Prima Repubblica il passo è stato breve”, punge Meloni.

Il presidente dem della Regione Campania non viene citato ma è tra i bersagli del discorso della leader Fdi. “Si scandalizzano se una donna si difende… Vale solo per me perché io sono una donna di destra e lui un uomo di sinistra? Una donna insultata può difendersi o no?”, chiede Meloni a proposito dell’insulto di De Luca (“str…”), ‘restituito’ a Caivano al governatore Pd: “Noi siamo abituati a non abbassare la testa e a non darla vinta a bulli e gradassi. Sono una donna e pretendo lo stesso rispetto che do agli altri. Eccola la parità, eccolo l’orgoglio femminile, quello che gli altri non sanno più difendere”.

Meloni assume toni berlusconiani quando marca la distanza tra “noi”, il popolo di Fratelli d’Italia, e “la rabbia, la cattiveria dei nostri avversari più livorosi. Promettetemi che non diventeremo mai come loro e che il nostro motore sarà sempre l’amore e non l’odio”. “Noi – ci tiene a rimarcare il capo del governo – non rinunceremo mai alla piazza, perché è da dove siamo venuti. E sarà qui che torneremo, in piazza in mezzo alla gente”. Una carezza, anzi “un abbraccio” Meloni lo rivolge agli alleati di governo Antonio Tajani e Matteo Salvini, impegnati nelle loro rispettive campagne elettorali. La maggioranza che sostiene il suo esecutivo “è forte e coesa”, assicura, mentre l’opposizione è disunita. “Voi vi immaginate cosa sarebbe successo se al governo ci fosse stato il campo largo? Con le contraddizioni che hanno, l’Italia avrebbe rischiato di dichiararsi guerra da sola…”, ironizza.

Ma la mera sopravvivenza non è il suo orizzonte politico: “Non stiamo al governo a pensare come rimanerci, noi siamo qui per lasciare questa Nazione in condizioni migliori di come l’abbiamo trovata, costi quel che costi. Costerà tanto lavoro, sgambetti, colpi bassi, trame nell’ombra. Perché le forze della conservazione dello status quo che per decenni hanno bivaccato faranno di tutto per impedircelo”, mette in guardia la numero uno di FdI.

Il premierato, “madre di tutte le riforme”, è tra i temi al centro del discorso di Meloni, che difende il disegno di legge fortemente voluto dal suo governo: “Darà agli italiani il diritto di scegliere da chi essere governati. Sinistra e M5S stanno facendo un’opposizione che non hanno riservato a nessun altro provvedimento del governo, non gli va giù l’idea che possano essere gli italiani a scegliere direttamente il presidente del Consiglio”. La presidente di Fratelli d’Italia esalta poi il nuovo “protagonismo” dell’Italia sullo scenario internazionale da quando è iniziata la sua avventura al governo: “L’isolamento lo abbiamo avuto quando ha governato la sinistra. L’epoca dei ‘Giuseppi’ che cambia alleanze al soffiare del vento e della sinistra cerchiobottista è finita”. Adesso l’Italia “non andrà più con il piattino in mano” in Europa, perché “quella stagione è finita”.

E per quanto riguarda le misure del governo non mancano i riferimenti alla riforma della giustizia, al dl Caivano, alla sanità, con l’annuncio dell’atteso dl ad hoc per abbattere le liste d’attesa e rendere possibili visite e prestazioni sanitarie anche di sabato e domenica. Parlando della gestione dei flussi migratori, Meloni coglie l’occasione per esprimere la sua solidarietà al premier albanese Edi Rama “massacrato solo perché ha tentato di dare una mano all’Italia”. Molti i parlamentari presenti, oltre al responsabile dell’organizzazione di FdI Giovanni Donzelli. Nella ‘delegazione’ governativa si contano il ministro della Giustizia Carlo Nordio, quello dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, il titolare della Cultura Gennaro Sangiuliano e dello Sport Andrea Abodi. In piazza anche il Presidente del Senato Ignazio La Russa (a cui Meloni dà il cinque nel backstage) e il capo del tesseramento di Fdi e sorella della premier, Arianna Meloni.

A margine della manifestazione il capogruppo di FdI alla Camera Tommaso Foti non si sbilancia sull’esito del voto: “Non diamo numeri”. Il guardasigilli Nordio si aspetta “un grande successo” come alle politiche, mentre Sangiuliano, in barba alla scaramanzia, a chi gli chiede se FdI possa toccare il 30% dei consensi risponde “anche di più”. Ad animare la kermesse di FdI ci pensano i giovani di Gioventù nazionale – partiti con un corteo dalla terrazza del Pincio – e di Atreju, che esibiscono i cartonati con i volti di Schlein, Lucia Annunziata, Fabio Fazio e Corrado Formigli con la scritta “Anche se lui/lei ci rimane male tu scrivi Giorgia”. E nell’assolata piazza romana spunta anche il parlamentare della Lega ed editore Antonio Angelucci, che si rivolge bruscamente ai cronisti quando gli viene chiesto il motivo della sua presenza al comizio di un partito che non è il suo: “Fatevi i c… vostri”.

(di Antonio Atte)