(Adnkronos) – Tre indizi fanno una prova. Il dato dell’affluenza al secondo turno delle amministrative conferma quello che le elezioni europee e l’ultima tornata di elezioni politiche avevano già detto: non si arresta il trend che vede la partecipazione al voto in calo. Un tema che chiama in causa la capacità della politica, tutta e prescindendo dalla collocazione parlamentare, di rappresentare i cittadini a cui si rivolge, con una perdita di contatto che sembra diventata strutturale.
Secondo i dati del Viminale, è stata del 47,71% l’affluenza definitiva ai ballottaggi nei comuni tornati alle urne. Un dato che è in calo rispetto al primo turno, quando era al 62,83%. L’affluenza alle elezioni europee dell’8 e 9 giugno scorsi si era fermata al 49,69%. Anche andando più indietro, all’ultimo appuntamento con le elezioni politiche del 25 settembre 20022, l’affluenza ha subito un calo a livello nazionale di 9 punti percentuali, attestandosi al 63,9% degli aventi diritto. Un dato che ha rappresentato il maggior crollo di partecipazione nella storia repubblicana.
Guardando alle elezioni europee si è parlato, dati alla mano, di una disaffezione ‘italiana’ verso l’Europa, confrontando il dato delle prime elezioni europee, nel 1979 si presentò alle urne l’85,7% degli aventi diritto, con l’impietoso 49,69% di due settimane fa. Passando alle politiche, il calo è verticale dall’80,5% del 2008, al 75,2% del 2013, al 72,9% del 2028, fino al 63,9% del 2022.
In questo scenario, il dato di queste amministrative è difficilmente confrontabile con altre tornate per il perimetro differente e la necessità di andare a verificare città per città e comune per comune. Ma è un voto che ripropone una fotografica inquietante, con la maggioranza degli aventi diritto che hanno scelto di rimanere a casa. (Di Fabio Insenga)