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Sara Funaro e la pista dell’aeroporto: succube di Fossi e dei sindaci di Sesto e Prato?

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aeroporto funaro

Di Umberto Cecchi*

Per farsi capire scomodiamo un vecchio concittadino
parafrasandolo: ‘ora comincian le dolenti note a farmisi
sentire’. E le sento stonate come segni di discontinuità.
Come una metamorfosi politica grave. La giunta che
governerà Firenze non si è ancora costituita che già si
capisce dovrà rimangiarsi molti degli impegni
disinvoltamente presi della sindaca ancora candidata:
Aeroporto, stadio, la Tav del passaggio veloce nelle viscere
di Firenze, dove molte abitazioni, a suo tempo, tremarono
per i lavori alla tramvia. Case storiche. Vecchie testimoni
della città che aveva insegnato al mondo l’Umanesimo. E
non solo. Né posso dimenticare nemmeno l’annosa vicenda
del campo di calcio.

Io, mi fermo all’aeroporto, ennesima drammatica litania
senza fine. La neo sindaca si è impegnata a realizzarlo una
volta per tutte: i suoi compagni di partito, volere o no,
hanno ricominciato subito a demolire questo impegno: sia il
sindaco di Campi, Emiliano Fossi, ora neodeputato e con
incarichi di partito in Toscana, sia quello di Sesto, Lorenzo
Falchi hanno ribadito un no deciso alla nuova struttura:
‘ Non s’ha da fare né ora né mai’, hanno dichiarato. E
quindi la vecchia storia riprende dall’inizio, da quando
Vasco Magrini – anni Venti – volava sul suo ‘Caudron’ nel
cielo della città e passava ardito sotto le arcate del Ponte
alla Vittoria.

Qualcuno ha parlato di tradimento. Malaparte, esperto di
toscanità, diceva che se si deve tradire si tradisce un
amico: che merito c’è, infatti, a tradire un nemico? E così
sia. Anche se è vero che questo non è tradimento, ma
portare l’acqua al proprio molino. Pensando già al particolare
che non al generale: anche l’industria di Sesto e Campi
hanno bisogno di comunicazioni più facili. Ma questa
politica ormai non ha più ideologie ma solo affermazioni
personali. Firenze oltre a beghe interne nel partito di
maggioranza, ha un difetto di fondo: non ha territorio, al di
là delle mura non è più la città di Dante, ma al massino
quella di Collodi, pur senza la fata dai capelli turchini
pronta dare un aiuto.

* Umberto Cecchi è stato direttore de La Nazione dal 1998 al 2002