(Adnkronos) – Una lunga maratona negoziale, che è stata spesso sul punto di vacillare, iniziata anni fa e che fino all’ultimo minuto ha tenuto con il fiato sospeso 007 e governi dei Paesi interessati. Così il Washington Post descrive lo storico scambio di detenuti – il più ampio dai tempi della Guerra Fredda – che ha coinvolto complessivamente 26 persone e sette Paesi (Usa, Russia, Germania, Norvegia, Slovenia, Bielorussia e Polonia) con la mediazione decisiva della Turchia e che ha portato alla liberazione, tra gli altri, del giornalista del Wall Street Journal Evan Gershkovich, del collaboratore del Washington Post e voce critica del Cremlino Vladimir Kara-Murza, dell’ex marine Paul Whelan, ma anche del killer russo collegato all’Fsb, Vadim Krasikov, che stava scontando in Germania l’ergastolo per l’omicidio di un ex combattente ceceno in un parco di Berlino nel 2019.
Secondo il giornale americano, i funzionari dell’Amministrazione Biden sono rimasti “sulle spine” finché tutti i detenuti non sono atterrati ad Ankara, le loro identità verificate e sono stati sottratti alla custodia delle autorità russe. Fino all’ultimo in molti temevano che qualcosa sarebbe potuto andare storto. A aumentare la tensione è stato anche l’allarme, rivelatosi poi falso, fatto scattare da un funzionario che aveva informato un giornalista che un aereo diretto da Mosca ad Ankara era tornato indietro.
“Dai tempi della Guerra Fredda non c’è mai stato un numero simile di individui scambiati in questo modo e non c’è mai stato, per quanto ne sappiamo, uno scambio che coinvolge così tanti Paesi”, ha detto ai giornalisti Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, mentre gli aerei convergevano in Turchia. Sullivan è stato una figura chiave dell’accordo e a volte è stato tra i pochi alla Casa Bianca a nutrire qualche speranza che fosse possibile. Soprattutto dopo la morte in una colonia penale artica di Alexei Navalny, il dissidente russo che di quell’intesa doveva essere protagonista. A sostituirlo come figura chiave non è stato Gershkovich o Kara-Murza, ma Krasikov, il killer russo che la Germania a lungo si è mostrata restia a liberare.
Putin lo aveva elogiato come un patriota e aveva definito la sua vittima, Zelimkhan Khangoshvili, un assassino “assetato di sangue” che aveva attaccato la Russia. I primi tentativi russi di inserirlo in uno scambio di detenuti risalgono all’autunno del 2022, quando gli Stati Uniti stavano lavorando per liberare Whelan e la star del basket, Brittney Griner. All’epoca, la proposta sembrava morta sul nascere. Krasikov, infatti, era sotto custodia tedesca e liberarlo sarebbe stata una mossa molto controversa per il cancelliere tedesco Olaf Scholz, che era al governo solo da una settimana quando il killer russo venne condannato.
Con i negoziati su Krasikov in una situazione di stallo, prosegue il Washington nella sua ricostruzione basata su colloqui con otto pubblici ufficiali negli Stati Uniti e in Europa, il segretario di Stato Antony Blinken iniziò a discutere con i colleghi su chi i tedeschi avrebbero potuto volere liberare dalla Russia.
L’arresto di Gershkovich nel marzo 2023 rappresenta un fatto molto importante nella genesi di questa trattativa perché diede nuovo impulso alla volontà della Casa Bianca di trovare un’intesa. Un mese dopo Blinken e Sullivan sollevarono nuovamente l’ipotesi di uno scambio che coinvolgesse Krasikov con le loro controparti tedesche. Le parti iniziarono anche a scambiarsi elenchi cartacei di nomi che avrebbero potuto far parte di un accordo. Della questione fu interessata la cancelleria tedesca.
All’inizio di quest’anno le trattative sono entrate in una nuova e decisiva fase. Il 2 febbraio Sullivan parlò con la sua controparte, Jens Ploetner, ricevendo un’indicazione che gli Stati Uniti e la Germania avrebbero potuto trovare un approccio congiunto su Krasikov, a patto che Navalny facesse parte dell’accordo. Una settimana dopo Biden e Scholz si incontrarono alla Casa Bianca, mentre la Germania stava ancora elaborando i dettagli di una possibile intesa. Il cancelliere promise piena collaborazione al presidente degli Stati Uniti.
La morte di Navalny il 16 febbraio, tuttavia, gelò tutti i protagonisti. In particolare la Germania era di nuovo molto fredda rispetto l’idea di uno scambio con Krasikov e gli Stati Uniti dovevano trovare di nuovo le basi giuste. A Monaco, durante la una conferenza annuale sulla sicurezza, la vice presidente Harris incontrò il primo ministro sloveno, Robert Golob, per assicurarsi che il suo Paese fosse ancora disposto a fare la sua parte nello scambio, garantendo il rilascio di una coppia russa condannata per spionaggio. In quell’occasione, secondo un funzionario dell’Amministrazione, Harris vide Scholz.
A fine marzo, Biden inviò una lettera al cancelliere in cui delineava i contorni dell’intesa sostenendo che gli Stati Uniti avevano l’impegno degli altri Paesi, tra cui Slovenia, Norvegia e Polonia, a rilasciare i prigionieri russi per realizzarlo. All’inizio di giugno gli Stati Uniti ottennero il via libera dalla Germania e a fine mese sottoposero l’offerta alla Russia.
Durante le trattative, gli Stati Uniti hanno utilizzato un canale speciale istituito tra la Cia e l’intelligence russa per discutere le varie proposte sui prigionieri. Il 25 giugno, funzionari statunitensi e russi tennero un incontro in un Paese terzo, ha rivelato un funzionario statunitense a conoscenza della questione. All’inizio di luglio, il direttore della Cia William Burns parlò con uno dei suoi omologhi russi apprendendo che, in linea di principio, Mosca aveva accettato.
Il 19 luglio un tribunale russo ha dichiarato Gershkovich colpevole di spionaggio condannandolo a 16 anni da scontare in una colonia penale di massima sicurezza. La sentenza in realtà è stata un segnale positivo poiché la Russia tradizionalmente condanna le persone prima del loro rilascio. Quello stesso giorno, un tribunale ha condannato anche Alsu Kurmasheva, giornalista russo-americana per la radio statunitense Radio Free Europe/Radio Liberty. Anche lei è rientrata nello scambio.
Non tutti gli americani detenuti in Russia, tuttavia, sono tornati a casa. Forse il più importante tra loro è l’insegnante Mark Fogel, arrestato all’aeroporto di Mosca nell’agosto 2021 e accusato di aver contrabbandato una piccola quantità di cannabis, prescritta negli Stati Uniti per il mal di schiena, ma vietata in Russia. Fogel è stato condannato a 14 anni di carcere e ha insegnato inglese ai prigionieri. I funzionari statunitensi hanno promesso di continuare a lavorare per il suo rilascio.