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Dengue, perché tanti casi proprio nelle Marche? Cosa dice il virologo

Adnkronos
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(Adnkronos) –
Perché quest’anno le Marche sono state così colpite dalla Dengue? C’è un motivo per cui i focolai autoctoni dell’infezione si sono concentrati principalmente nell’area del Centro-Nord Italia (considerando anche i focolai più contenuti di Emilia-Romagna e a seguire Lombardia)? Sulla carta “non c’è un motivo in particolare”, analizza il virologo Massimo Clementi.  

Mentre l’ultimo bollettino certifica un settembre con punte record di casi e aggiorna a quota 124 le infezioni autoctone nelle Marche (di cui 121 a Fano), la premessa, evidenzia l’esperto all’Adnkronos Salute, è che “a favorire la diffusione della Dengue è la presenza, da almeno 30 anni, della zanzara tigre, che è il vettore della Dengue. E se è presente la zanzara tigre vuol dire che ci sono le condizioni per cui nel momento in cui si verifica la presenza di uno o più soggetti infettati, questi possano essere punti e consentire all’insetto di veicolare il virus e trasmetterlo ad altri”.  

 

Primo imputato resta dunque sempre lei: la zanzara tigre. “Quello che è successo a Fano, però – precisa Clementi, che per anni ha diretto il Laboratorio di microbiologia e virologia dell’ospedale San Raffaele di Milano – non lo sa nessuno. Lo presumiamo. Probabilmente è arrivato un soggetto infettato dall’estero, da uno dei Paesi in cui la Dengue è presente, e poi in virtù del fatto che lì ci sono le condizioni”, cioè è presente il vettore, “si è acceso il focolaio. Ma può succedere lì come da un’altra parte” in Italia. “C’è anche da dire che la Dengue alla prima infezione in genere non è grave. E’ molto fastidiosa, c’è un malessere generale, febbre alta e dolori muscolari e articolari. Diventa più pericolosa nella seconda infezione, quando una persona che è già stata contagiata viene reinfettata da un virus simile, ma non identico a quello della prima volta”. 

“La vera novità di quest’anno – continua l’esperto – dal punto di vista della diffusione del virus in Europa è che noi avevamo visto soltanto casi di importazione”, salvo eccezioni. “Da un punto di vista della diffusione, questa è legata soprattutto al fatto che in una certa area esista il vettore”. Clementi osserva un ultimo aspetto: premesso che la disinfestazione, in presenza di casi, viene fatta secondo i protocolli, in generale “c’è una certa reticenza, emersa in questi ultimi tempi, a eseguire operazioni di disinfestazione” di routine, “per vari motivi. E senza interventi adeguati la zanzara rimane, e rimangono le larve. Timori di questo tipo sono stati espressi per esempio da persone attive in associazioni di animalisti che temono che animali da compagnia – cani, gatti – possano in qualche modo essere contaminati dalla presenza di disinfettanti o da chi teme che ci possa essere anche una contaminazione di frutta, verdura, ortaggi”.  

“Penso che questa reticenza vada superata – prosegue Clementi – perché se non si fanno queste operazioni” per arginare il vettore della Dengue “diventa un problema. Basterebbe agire preventivamente, informando le persone in maniera più efficace possibile, rassicurandole e invitandole a proteggere gli orti o a tenere in casa i propri animali domestici per un paio di giorni. Ma va compreso che le disinfestazioni sono indispensabili se vogliamo in qualche modo controllare queste infezioni. E poi ci sono i monitoraggi epidemiologici, quelli sempre presenti, che vengono fatti dai laboratori specializzati e dall’Istituto superiore di sanità, che in qualche modo aiutano a controllare la presenza del virus nelle zanzare, il numero di casi nelle varie zone d’Italia”. 

Anche il clima non basta da solo a spiegare perché i casi si concentrino in una particolare area, conclude Clementi. “Non credo incida più di tanto. Anzi, forse altre zone sarebbero a livello ideale più esposte” di quelle colpite quest’anno, “zone dove ci sono per esempio risaie – ipotizza – Ci può essere” un fattore predisponente alla “importazione” del virus “da parte di persone che arrivano dall’estero”. Dietro un focolaio, “quel che è certo è che c’è stato l’innesco giusto”.