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Martelli: «Finanziare sistemi evoluti e costanti di screening degli argini per affrontare il rischio idrogeologico»

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«Nella nostra regione le opere arginali sono perlopiù di impianto settecentesco. A queste viene fatta un’ottima manutenzione superficiale, ma cosa si conosce delle condizioni di stabilità dei rilevati arginali? È possibile individuare preventivamente le zone ammalorate da fenomeni di erosione interna determinati dalla dinamica fluviale o dagli animali?». A evidenziarlo è Riccardo Martelli, presidente dell’Ordine dei Geologi della Toscana, che lancia quindi una proposta.

«Partiamo da un dato – spiega – gli ultimi due eventi alluvionali più estesi e che hanno creato più danni sono stati quelli avvenuti nella Piana di Firenze, Prato e Pistoia nel 2023 e quello recente che ha interessato la frazione di Venturina. Entrambi questi due eventi sono stati originati dalla rottura di tratti di argine, in muratura o in terra, una particolare situazione che rende inutili le previsioni riportate nelle tante cartografie della pericolosità idraulica, derivanti da modellazioni idrauliche, che non tengono conto di fenomeni di collasso di un argine.

Proprio per questo, dato il contesto climatico in cui stiamo vivendo, particolarmente imprevedibile negli effetti, per togliere di mezzo una delle variabili in gioco, credo sia arrivato il momento di affrontare finalmente in modo organico e continuativo lo stato in cui si trovano gli argini che delimitano gli alvei di molti corsi d’acqua, maggiori o minori che siano. Non credo che la risposta oggi possa essere soddisfacente, nel senso che valutazioni puntuali delle condizioni di stabilità vengono effettuate dagli enti preposti, ma questi non sono adeguatamente finanziati per poter estendere in maniera significativa questo tipo di valutazione, che invece è essenziale ed ora urgente.
Sulla possibilità di effettuare analisi preventive sullo stato in cui si trovano i nostri argini la risposta è positiva, poiché esistono sistemi non invasivi per studiare l’interno dei corpi arginali, come pure esistono sistemi di monitoraggio per valutare in continuo le eventuali deformazioni. Hanno un costo molto importante in rapporto all’estensione complessiva degli argini, ma credo che da qui si debba partire, magari iniziando con lo stabilire una scala di priorità e programmando nel tempo le campagne di studio. Lo stiamo facendo per ponti e viadotti, per i quali da alcuni anni sono in corso studi approfonditi sulle condizioni strutturali, ma è bene iniziare il prima possibile anche con i nostri argini, possibilmente con il medesimo approccio e la stessa copertura economica.

Poi, vanno bene anche le paratie mobili a protezione di case e interrati, perché ogni difesa è utile per ridurre i danni, però oggi è il momento di agire sulle cause e guardare a come ridurre il più possibile il peso della variabile derivante dalle rotture arginali».