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Kiev teme effetto Trump e Biden manda nuove armi

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L’Ucraina spinge per un incontro tra il presidente Volodymyr Zelensky e Donald Trump, che lavora ad un piano di pace per porre fine alla guerra con la Russia. Dall’entourage del nuovo presidente americano arrivano messaggi allarmanti per Kiev, che teme un ridimensionamento del sostegno a stelle e strisce contro Vladimir Putin. Joe Biden intanto spedisce centinaia di missili intercettore a Kiev prima di lasciare la Casa Bianca.

La vittoria di Trump nelle elezioni americane inevitabilmente modifica il quadro del conflitto e dei rapporti tra Washington e i due paesi in guerra. Per mesi, durante la campagna elettorale, il nuovo presidente degli Stati Uniti ha detto e ribadito che avrebbe favorito una rapida intesa per porre fine al conflitto. Il piano in elaborazione, secondo il Wall Street Journal, prevede la creazione di una zona non militarizzata lungo il fronte, nessuna presenza militare americana e l’impegno dell’Ucraina a non entrare nella Nato per almeno 20 anni.

Per Kiev, che ha sistematicamente respinto l’ipotesi di sacrifici territoriali, è un campanello d’allarme. Anche per questo, dopo il contatto telefonico avvenuto mercoledì tra i due presidenti (con Elon Musk in linea), il governo ucraino sta organizzando un incontro tra Zelensky e Trump, come ha reso noto il ministro degli Esteri Andrii Sybiha. “Il dialogo tra Trump e Zelensky è già stato stabilito – ha detto Sybiha – Siamo aperti a ulteriori cooperazioni”.

Trump, che nelle prime dichiarazioni post-voto ha aperto a contatti con Putin, nella telefonata con Zelensky avrebbe manifestato l’intenzione di consolidare la collaborazione. In attesa di un ulteriore confronto, il perimetro della visione americana viene tratteggiato dalle parole di Bryan Lanza, consigliere repubblicano che ha lavorato per la campagna del nuovo presidente americano.

 

Trump si aspetta da Zelensky “una visione realista per la pace”: la prossima amministrazione è orientata a concentrarsi sull’obiettivo di raggiungere la pace in Ucraina e non su quello di mettere Kiev in condizione di riprendere i territori conquistati dalla Russia. “E -avverte Lanza – se il presidente Zelensky verrà al tavolo dicendo, possiamo solo avere la pace con la riavendo la Crimea, dimostrerà di non essere serio. La Crimea è andata”.

La riconquista della penisola sottolinea il consigliere che lavora con Trump dal 2016, è un obiettivo irrealistico e soprattutto “non è un obiettivo degli Stati Uniti”. “Se questa è la sua priorità, riavere la Crimea e far combattere i soldati americani per riavere la Crimea, se la sbrighi da solo”, il messaggio perentorio di Lanza. “Quello che diremo all’Ucraina è: sapete cosa vedete? Cosa vedete come una visione realistica per la pace. Non è una visione di vittoria, ma una visione di pace. E iniziamo a parlare onestamente”, conclude. Dal team che si occupa dell’approdo di Trump alla Casa Bianca arriva la frenata con le parole di un anonimo portavoce: “Lanza non lavora per il presidente e non parla per lui”.

 

Tra una precisazione e l’altra, il cambio di panorama rispetto alla linea di Joe Biden è evidente. L’amministrazione uscente, che pure non ha concesso a Kiev il via libera per colpire obiettivi in territorio russo con missili a lungo raggio, prova a congedarsi con un’ultima fornitura alle forze armate ucraine. Gli Stati Uniti stanno accelerando sull’invio di altre armi prima che inizi l’era Trump. I piani svelati dal Wall Street Journal evidenziano che il Pentagono sta mandando a Kiev oltre 500 intercettori per i sistemi di difesa Patriot e Nasams, che dovrebbero arrivare nelle prossime settimane.

Tra Washington e Kiev si alternano messaggi, richieste, segnali. A Mosca, per ora, si tira dritto. La Russia continua a spingere nel Donetsk, il settore più caldo del fronte, con il forcing che da settimana mette in difficoltà i soldati di Kiev. Se l’Ucraina deve fare i conti con le difficoltà di puntellare le unità e garantire un adeguato ricambio in prima linea, l’esercito di Putin non ha problemi di risorse umane e, se li ha, rimedia schierando migliaia di militari nordcoreani.

 

Il presidente russo ha appena firmato la legge che ratifica il Trattato di partenariato strategico globale tra la Russia e la Corea del Nord. E’ in base a questo documento che Kim Jong-un ha inviato nelle settimane scorse migliaia di soldati da schierare nella guerra contro l’Ucraina.

Mosca, quindi, si dice pronta ad ascoltare le proposte di Trump per porre fine al conflitto ma non ha fretta e non si sposta delle proprie condizioni: i territori conquistati e dichiarati annessi non verranno restituiti. Il viceministro degli Esteri Sergey Ryabkov, avverte che non esiste una “soluzione facile”, considerando la continua assistenza statunitense a Kiev e i sospetti che le promesse del tycoon non siano altro che retorica elettorale.

“Crediamo che alcune delle sue promesse, in cui ha parlato di una rapida risoluzione della situazione in Ucraina, non siano altro che retorica”, dice ‘sfidando’ il nuovo presidente. “È chiaro che non ci può essere una soluzione semplice a questo problema o ai problemi associati a ciò che sta accadendo in Ucraina e nei dintorni – aggiunge- L’amministrazione statunitense dovrebbe prendere molto sul serio questi segnali, sia quella uscente che quella futura. Non c’è opportunismo qui e i nostri interessi non dipendono da chi occupa lo Studio Ovale alla Casa Bianca”.