(Adnkronos) – “Gli studi dei trial clinici con l’impiego del mepolizumab nei pazienti con asma grave hanno confermato, sin dalle prime somministrazioni, l’efficacia del farmaco nella riduzione netta delle riacutizzazioni. Lo studio di real life ha confermato, nei 2 anni di osservazione, non solo il miglioramento, sin dalle fasi iniziali, ma anche il mantenimento di questo miglioramento in termini di qualità di vita e dei parametri clinici e biologici analizzati”. Lo ha detto all’Adnkronos Salute Nicola Scichilone, direttore della Pneumologia del policlinico P. Giaccone di Palermo, in occasione del simposio Gsk sulle malattie eosinofile e l’evoluzione dell’approccio terapeutico dell’anticorpo monoclonale, che si è svolto nella seconda giornata del XXV congresso nazionale della Società italiana di pneumologia (Sip) in corso al MiCo di Milano.
“I pazienti affetti da asma grave in Italia sono sicuramente una minoranza rispetto alla totalità dei pazienti che ne soffrono – spiega l’esperto – Sono tuttavia quei pazienti che drenano la maggior parte delle risorse socio-sanitarie e che vivono una qualità di vita compromessa, con una riduzione delle attività quotidiane, lavorative e ricreative ed esposte al rischio di andare incontro a delle riesacerbazione gravi, con possibilità anche di ricoveri in ambiente ospedaliero o di accesso al pronto soccorso. L’avvento degli anticorpi monoclonali – continua – ha cambiato la storia di questa malattia. Nel giro di pochi anni si è passati a controllare al meglio l’asma grave, ma anche a ridurre, fino a eliminare, il cortisone dal trattamento”.
L’obiettivo “dichiarato sin dall’inizio – sottolinea lo pneumologo – è stato quello della riduzione dell’utilizzo di steroidi per via sistemica fino alla completa sospensione. Possiamo dire che le terapie biologiche hanno consentito di ottenere questo traguardo, così come la riduzione della frequenza di riacutizzazioni e il controllo dei sintomi, insieme anche a una stabilizzazione della funzione polmonare – fa sapere – Oggi siamo abbastanza rassicurati dal fatto che, con le terapie biologiche, possiamo ottenere la remissione clinica in una buona quota di pazienti. La vera sfida è mantenere la remissione clinica negli anni. I dati iniziali ci dicono che questo è possibile almeno nei 3 anni di osservazione, ma possiamo anche mirare alla remissione biologica che, spegnendo l’infiammazione, riesce a incidere sulla storia naturale di malattia, sulla progressione, quindi a modificare essenzialmente la malattia stessa”. Risultati alla mano si guarda ora al futuro. L’obiettivo è quello di “valutare, in un arco di tempo più prolungato, il mantenimento della remissione clinica . I dati sono incoraggianti in questo senso. Chiunque lavora sul campo – conclude – sa che può contare su un farmaco efficace come l’anti interleuchina 5 mepolizumab”.