(Adnkronos) – “Nell’Ia ci troviamo in una situazione svantaggiata, sia come italiani che come europei. Ormai è un fatto bipolare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale: da una parte c’è il solito Stati Uniti che dominano tecnologicamente lo sviluppo, dall’altra parte ci troviamo chi era abituato e capace soltanto a copiare, ma di fatto sta cavalcando con entusiasmo questa rivoluzione digitale. Quindi parlo dell’Asia, in particolare della Cina. E poi ci troviamo noi a dover capire come, in qualche modo, governare le dinamiche con i due poli e non soltanto con un polo. Perché è vero che oggi il business è, magari, ancora a favore degli Stati Uniti, ma se io guardo gli investimenti in ricerca, se guardo le pubblicazioni fatte sull’intelligenza artificiale generativa, scopro che nelle prime 10 università, 9 sono cinesi e la decima è l’Mit”. A dirlo Enrico Pisino, ceo del Competence center nazionale Cim4.0, intervenendo all’evento Adnkronos Q&A, ‘Trasformazione digitale, dentro l’Ai’.
“Abbiamo bisogno – avverte – di nuovi leader, di nuovi modelli di leadership, abbiamo bisogno di cambiare radicalmente l’approccio al business e all’organizzazione del mondo del lavoro. Banalmente tutti parlano di grandi vantaggi che ci portiamo a casa con l’intelligenza artificiale in termini di produttività. Ma questo bene come viene redistribuito? Quali sono le regole? E i giovani dove sono? I giovani sono l’elemento importante per approcciare in maniera ‘disruptive’ questa transizione, questa rivoluzione digitale. I giovani devono essere responsabilizzati non per entrare in azienda e portare la tecnologia, ma per fare anche le scelte, per definire gli sviluppi di un’azienda”.
“Se io 20-24 anni fa- commenta – entravo in un’azienda che fabbricava automobili e trovavo, come dire, corridoi e aree piene di tecnigrafi in cui il disegnatore progettava a manina, con la matita, le automobili, oggi gli stessi spazi sono vuoti, perché il knowledge è ovunque. La gente può progettare la carta, l’automobile e i componenti anche al mare. Questo è un dato di fatto. Si sono svuotati i centri tecnici, ma si sono riempiti altri luoghi. E’ cambiato completamente il mondo del lavoro. Chi è rimasto al palo sono le piccole e le medie imprese. Le piccole e le medie imprese sono state chiamate dai grossi player a contenere esclusivamente i costi, non a innovarsi, ma a contenere i costi. E quando tu contieni i costi cosa fai? Riduci ai minimi termini il personale, annulli quella che è la salvezza, la formazione continua che dal mio punto di vista deve diventare un diritto del lavoratore, non una buona pratica, un diritto. Chi entra in azienda deve avere il diritto di potersi ammodernare come competenza. Facciamo in modo che le piccole e medie imprese siano supportate non con i tempi della ricerca, ma con i tempi del trasferimento tecnologico. Tempi del trasferimento tecnologico significano settimane, mesi con cui si possono recuperare gap e poi avviare delle procedure che tendono a migliorare il posizionamento di queste piccole e medie imprese”.