Lunedì 15 luglio si inaugura al Museo degli Argenti di Palazzo Pitti una mostra dedicata ai capolavori ebumei provenienti da tutto il mondo dal titolo “Diafane passioni. Avori barocchi dalle corti europei”. Gli avori medicei, una delle più belle collezioni esistenti, iniziata da Ferdinando I de’ Medici ed oggi conservata nel Museo degli Argenti, non erano mai stati oggetto di una esposizione specifica, oggi si mostrano al grande pubblico insieme ad altri esemplari provenienti dai più importanti musei al mondo e da collezioni private per complessivi centocinquanta pezzi che daranno vita a un nuovo spettacolare capitolo della storia dell’arte: un capitolo mai studiato prima, soprattutto nel suo aspetto “internazionale”, così peculiare del collezionismo mediceo. Dalla metà del Cinquecento, per circa due secoli, la scultura in avorio fu apprezzata nelle corti europee come una delle massime e più sofisticate forme di espressione artistica. I più importanti scultori del periodo barocco, sia in Italia che nei paesi transalpini, e addirittura nelle colonie portoghesi e spagnole, si cimentarono in questa tecnica raffinatissima e difficile, che univa alla perizia dell’artefice la preziosità della materia prima. In tutta Europa, imperatori e granduchi, papi e principi, altissimi prelati e ricchi banchieri si contendevano l’opera degli scultori in avorio, e spesso formavano collezioni di capolavori eburnei, che andavano dagli esemplari figurativi veri e propri ai tour de force torniti. Questi ultimi univano al piacere del capriccio visivo il rigore scientifico del calcolo matematico. A Firenze, con Ferdinando I de’ Medici (1549-1609), ebbe inizio una delle più spettacolari collezioni di avori in Europa, che continuò ad arricchirsi fino al tramonto della dinastia, raggiungendo numerose centinaia di esemplari. Per quantità, per qualità ed importanza dal punto di vista storico artistico, la raccolta medicea raggiunse livelli pari solo a quelli della corte imperiale di Vienna e di quella principesca di Dresda.
Coppe e rilievi, composizioni mitologiche e scene di genere, santi e ritratti di principesse, scarabattole e torri tornite: ogni aspetto dell’arte figurativa e astratta è riflesso nell’arte eburnea raccolta a Firenze. La mostra che sarà aperta al pubblico dal 16 luglio fino al 3 novembre, si articolerà in varie sezioni che percorreranno l’arte dell’avorio dal Quattrocento, quando catturò l’attenzione di Lorenzo il Magnifico, al maturo Rinascimento, fino all’esplosione del Barocco con opere di quegli artisti fiamminghi e con opere di Leonhard Kern, François Duquesnoy e Georg Petel che operarono a lungo in Italia e portarono ai massimi livelli l’arte della scultura in avorio.
Non mancherà una sezione dedicata alla produzione degli avori di Goa, regione nell’ovest dell’India, e delle altre colonie orientali, portoghesi e spagnole, destinate ad incrementare il collezionismo in Europa.
La sezione denominata Geometria virtuosa raccoglierà gli avori torniti, esempi spettacolari della gara tra i più importanti tornitori tedeschi nel creare in avorio le figure più complicate, piccoli miracoli di virtuosismo tecnico che univano simbologia a numerologia, geometria e filosofia. L’inventore di questo tipo di oggetto da gabinetto delle curiosità è stato, alla fine del Cinquecento, proprio un italiano, Giovanni Ambrogio Maggiore, al servizio delle corti tedesche. Per informazioni www.unannoadarte.it