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Città metropolitane. Per Bettini ci vuole una grande Firenze, per Squinzi il decreto Delrio disorienta

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Da sx Mario Curia, Matteo Renzi, Giorgio Squinzi, Simone Bettini
Da sx Mario Curia, Matteo Renzi, Giorgio Squinzi, Simone Bettini

Le città metropolitane sono un’occasione che il Paese non può perdere: questa la dichiarazione contenuta nel Manifesto delle Città Metropolitane italiane, presentato oggi a Firenze dalla Rete delle associazioni industriali metropolitane.
Il ddl Delrio risponde parzialmente a questa esigenza, si legge perché la cornice legislativa risulta per alcuni aspetti ancora inadeguata, in particolare dove prevede la possibilità di istituire ulteriori città metropolitane rispetto a quelle previste dal progetto originario. Secondo la Rete, le città metropolitane sono di importanza fondamentale per le prospettive di sviluppo del sistema industriale e per la competitività del Paese nel suo complesso, perché consentirebbero di superare la frammentazione dell’organizzazione territoriale e amministrativa all’interno delle aree metropolitane, dove si concentra gran parte della popolazione, del Pil, del gettito fiscale e degli investimenti pubblici e privati del Paese.
“La città metropolitana deve essere al primo punto della prossima campagna elettorale amministrativa: per uscire dalla crisi ci vuole una grande Firenze, come ci vogliono una grande Milano, una grande Bologna o una grande Bari”. Lo ha affermato Simone Bettini, presidente di Confindustria Firenze, aprendo il convegno “Le città metropolitane: una riforma per il rilancio del paese”
“Il Disegno di legge Delrio è un esempio di come un provvedimento importante, concepito come riforma di semplificazione degli apparati, stia assumendo forme che lo pongono nel solco di una tradizione legislativa che non condividiamo“. Lo ha detto il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, durante un convegno a Firenze sulle città metropolitane. “Il testo, attualmente all’esame del Senato – ha aggiunto – lascia disorientato il mondo dell’impresa, preoccupato per gli effetti che potrà avere sulle proprie attività”. Il rischio, ha aggiunto, è che “un’impresa, per una stessa autorizzazione” possa “essere costretta a rivolgersi a enti diversi, con esiti diversi, a seconda del territorio in cui opera”.

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