La politica non ha idee. Le amministrazioni, in genere, non hanno forza, gli imprenditori hanno scarso coraggio, i professori si fanno mettere nell’angolo da studenti e genitori, gli uomini di fede invece di pensare alle loro chiese, tentennano davanti al dubbio, chiedendosi se moschea e chiesa non siano poi la stessa cosa. Ma non basta: gli speculatori speculano, rendendo più difficile la ripresa e le banche danno più ascolto alle speculazioni balorde che girano per il mondo, che al bottegaio all’angolo che vorrebbe un mutuo per rammodernare e non chiudere. Il rigore germanico, che si scatena continuamente decennio dopo decennio, ha messo in ginocchio gran parte dell’Europa, Italia compresa, Renzi che era partito bene sta già marcando il passo e temo che il partito l’abbia abbracciato così forte da togliergli il fiato. Cosa ci resta di concreto nell’altro partitone, dove Berlusconi ha fatto come suo braccio destra Toto. Tito non Totò, almeno si spera, senza dirci che sorte riserba al dannoso – per il partito – Verdini? Ecco: ci resta, integro e vitale, il partito del NO. Italiani che non hanno un’idea, non sanno cosa fare di se stessi e del loro paese, ma che urlano no di fronte a qualsiasi iniziativa: sia che si tratti di uno scavo per tubo rotto davanti a casa, sia della galleria per l’alta velocità in Piemonte.
Questo ci siamo meritati e questo ci teniamo: un branco di inutili vociatori che pensano di salvarsi con l’immobilismo. Finche tutto non ci franerà addosso.