Il giudice del riesame respinge l’appello dei pm Monferini e Tei sull’estromissione di Nodavia dai lavori per la Tav fiorentina nonostante un’inchiesta abbia portato ad arresti eccellenti e all’accertamento di reati come lo smaltimento illegale di rifiuti, truffa e associazione a delinquere.
Oggi il giudice ci dice che è tutto a posto, che Nodavia, ora che ha visto finire in carcere i suoi dirigenti, è l’azienda giusta a dirigere il cantiere Tav di Firenze. Adesso sì che ci sentiamo in una botte di ferro.
Tra le motivazioni che hanno portato a tale decisione c’è che in Nodavia, consorzio di aziende che si è aggiudicato i lavori, non sarebbe più presente Coopsette che nel frattempo ha pensato bene di vendere parte delle quote a Società Condotte dell’acqua SpA, trattenendo solo una minoranza di partecipazione azionaria.
E qui sta la contraddizione: per legge Coopsette deve restare un socio di minoranza del consorzio pena l’azzeramento della gara ma, contemporaneamente, è sempre la legge che ci dice di stare tranquilli perché l’inquisita Coopsette ormai non c’è più. Delle due, l’una!
Basta una cessione di quote e accordi tra aziende private per eludere la normativa sugli appalti e quindi l’inadeguatezza di un’azienda a portare avanti i lavori? Che senso ha fare delle gare pubbliche con l’obbligo di presentare una nutrita certificazione di “credibilità”? Altre ditte potrebbero sollevare il dubbio che sia venuta a mancare la corretta competizione e la libera concorrenza. Tanto più che il suddetto appalto fu vinto sulla base di una cifra che oggi è già raddoppiata.
Non sussiste più nemmeno una delle condizioni iniziali eppure l’appalto non viene messo in discussione. Il tutto, proclami a favor di telecamera a parte, con la totale complicità della Politica.
Alla Magistratura invece chiedo di chiarirmi le idee: quando un’Azienda merita l’estromissione da un appalto? E quando invece i reati sono imputabili solo alla responsabilità dei singoli? Nel caso specifico se non esistono gli estremi per sciogliere Coopsette, che di fatto dunque non è imputabile, perché allora il giudice fonda la sua decisione sull’ irrilevanza decisionale di Coopsette in termini di presenza societaria?”