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"Le ombre sulla vicenda Tav diventano ancora più scure" lo afferma la presidente della commissione d'inchiesta della Regione, Marina Staccioli

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tunnel Tav-terreIl tunnel Tav torna prepotentemente al centro dell’attenzione politica dopo quella giudiziaria. Dalla commissione d’inchiesta escono parole pesanti verso il presidente Rossi che si è addirittura rifiutato di andare a riferire in commissione.
“Le ombre sulla vicenda Tav diventano ancor più scure”. E’ il commento della Presidente della Commissione d’inchiesta del Consiglio regionale della Toscana sulla Tav, Marina Staccioli (Fratelli d’Italia), spalleggiata dal capogruppo Giovanni Donzelli e dal consigliere Paolo Marcheschi, sull’esito della commissione finalizzata all’accertamento dei fatti trattati dalla comunicazione del presidente Enrico Rossi sugli sviluppi dell’inchiesta sull’alta velocità di Firenze e la rimozione dell’architetto Fabio Zita dal ruolo di dirigente responsabile del settore Valutazione d’impatto ambientale.
Anche da Ncd arrivano accuse ben circostanziate: «Modalità frettolose», «contraddizioni», «incongruenze» rilevabili anche rimaste inesplorate perché oltre il confine del mandato istituzionale della Commissione d’inchiesta sul nodo fiorentino dell’Alta Velocità ferroviaria: questo emerge, a chiusura dei lavori della Commissione, dalla relazione stesa dal Vicepresidente del Gruppo regionale del Nuovo Centrodestra Marco Taradash, che ha ottenuto i voti anche dei Commissari Stefania Fuscagni (FI), Mauro Romanelli (Gruppo Misto),  Monica Sgherri (Rifondazione Comunista – Comunisti Italiani). 
La commissione ha concluso i suoi lavori votando sulle varie relazioni presentate: non c’è stato dunque accordo sulla relazione unica, proprio a causa della divergenza sulla valutazione politica del caso. Gli atti della commissione, così come l’esito delle sue sedute, sono rimasti secretati fino al giorno dal quale possono essere diffuse soltanto le dichiarazioni dei relatori che hanno firmato le liberatorie: “La commissione è stata letteralmente ‘imbavagliata’ – ha denunciato Staccioli – svolgere i lavori in queste condizioni, per di più con il Presidente Enrico Rossi che si è rifiutato di venire a riferire in commissione, è completamente inutile. Soltanto Zita e Bramerini hanno firmato le liberatorie per diffondere il contenuto delle dichiarazioni rese in commissione – ha fatto sapere Staccioli – nessuna autorizzazione invece da dirigenti che nella vicenda hanno avuto un ruolo centrale, come il direttore generale Antonio Davide Barretta, la sostituta di Zita Paola Garvin, l’altro direttore generale Riccardo Baracco, il direttore dell’Arpat Riccardo Barca e il responsabile Via Alessandro Franchi.
“Nonostante gli strumenti che abbiamo avuto siano stati limitati – ha però aggiunto entrando nel merito Staccioli – sono emersi numerosi elementi sconcertanti, soprattutto relativi alle pressioni subite, riferite dall’architetto Fabio Zita, ma anche le rivelazioni dell’assessore all’Ambiente Annarita Bramerini”. “Se Zita da anni operava in ‘palese violazione della legge’, come afferma Rossi nella comunicazione in Consiglio sulla vicenda – sostiene la Presidente Staccioli nella sua relazione finale – anche l’assessore Bramerini e il dirigente generale del settore ne erano forse responsabili? E perché come suo successore è stata nominata Paola Garvin, che non si era mai occupata di questioni ambientali? Tant’è che Garvin è stata ora di nuovo sostituita nel ruolo di dirigente responsabile della Via da un ingegnere: Aldo Ianniello”.
“Zita, la cui autorevolezza è stata negata in commissione solo da Barretta, ha riferito di aver subìto ‘telefonate da Rfi e Italferr perché ammorbidissi le mie posizioni’. Il passaggio di deleghe da Bramerini a Rossi – ha sottolineato Staccioli – sono accadute proprio in concomitanza con la procedure per la realizzazione del nodo fiorentino dell’alta velocità, in particolare la delicata gestione delle terre di scavo su cui era chiamato a decidere lo stesso Zita: sarà un caso?”, si domanda Staccioli. “Cosa c’è di così segreto da nascondere? Siamo di fronte ad un’opera costosissima, da un impatto fortissimo e su cui grava anche un’inchiesta della Magistratura con ipotesi di reato pesantissime: corruzione, associazione a delinquere e abuso d’ufficio, con un presunto legame di interessi con il clan dei Casalesi – concludono gli esponenti di Fratelli d’Italia – in un quadro del genere non smetteremo di cercare la verità e di chiedere la massima trasparenza. Prima che sia troppo tardi”.
LE DICHIARAZIONI DI ZITA ALLA COMMISSIONE 
Zita occupava quell’incarico da 17 anni e si scontrò sullo scoglio delle terre di scavo, vicenda che gli costò il posto di responsabile del settore. Zita, che è già stato ascoltato anche dalla Magistratura, dice in commissione: “Noi non eravamo chiamati a rispondere ai contenuti dell’intesa politica […] qualcuno non intendeva comprendere che queste erano le regole: noi tecnici dobbiamo lavorare all’interno di quelle norme e di quelle leggi e nessuno ci può venire a imporre qualcosa di diverso”. Riguardo alla vicenda delle terre di scavo da portare a Santa Barbara, Zita spiega: “Quei 3 milioni di metri cubi erano rifiuti e non potevano essere altro […] sapevo perfettamente che la cosa non era gradita, quante telefonare ho ricevuto da Rfi, da Italferr perché ammorbidissi le mie posizioni?”.
 
 

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