Al suo ritorno dal Giappone, il caro leader, ci spiegherà come sono andate veramente le cose a Firenze, sul lungarno Torrigiani. Smentendo, ovviamente il sindaco e tutti gli altri che hanno parlato prima di lui, minacciando provvedimenti per ‘chi ha sbagliato’ e così via. Frasi obsolete queste, ormai, perché nell’era del caro leader non sbaglia nessuno che faccia parte della sua cordata. Infatti, spiegherà con la solita spigliatezza vocale e gestuale, non è accaduto nulla di particolare, solo un ampliamento delle piscine cittadine. Un ampliamento che era allo studio da tempo e che ora è partito in via sperimentale sul lungarno Torrigiani, proprio davanti a palazzo Torrigiani, che con una piscina fronte giardino, oltre all’Arno, offrirà per chi guarda dagli Uffizi, una prospettiva più ampia e radiosa. Attrarrà turisti in più. Cosa che è già avvenuta fin da subito. Selfie, prime pagine dei quotidiani e della Tv di tutto il mondo che gridavano ‘voragine nel luoghi del turismo’.
Dirà invece il caro leader che questa è una dimostrazione, per tutti gli italiani e stranieri, come la nostra amministrazione , a differenza di ogni altra, occidentale o orientale, sia in grado di dare alle città – anche quelle d’arte, le più delicate – un volto nuovo e dinamico. Di inserire sport e costruzioni dinamiche e moderne, a due passi dei monumenti della rinascenza. La Voragine Torrigiani, insomma, come la piramide del Louvre.
In effetti non può esserci nessun’altra spiegazione a quello che è successo, se non quella di un progetto oculato e attento. Alle ventiquattro l’acqua scendeva verso il fiume dalle vie e viuzze circostanti, alle una seguitava a scendere e da quell’ora in poi, segnalazioni di ogni tipo arrivavano sia alla Publiacqua, gestrice dell’acquedotto, che ai pompieri, e questi ultimi avevano anche fatto ispezioni sul posto. All’apparenza nessun pericolo, fino a che il pericolo si è mostrato, quasi in punta di piedi, con l’affossamento della strada, all’alba che si è divorata una manciatona di auto in sosta. E grazie a Dio che l’argine ha retto.
Da quel momento in poi è stato tutto un cercare di minimizzare. ‘Cosa da poco’. ‘Non c’è alcun pericolo’. ‘Le abitazioni sono sicure’. Quella che non era affatto sicura, invece, era l’immagine di Firenze, con una voragine aperta a cento metri in linea d’aria dal Ponte Vecchio e dagli uffizi: due must che fanno di questa città, un luogo irresistibile al turista.
Siamo certi che il caro leader, spiegherà quale che si tratta di un progetto di piscina abbinata al fiume che dovrà svilupparsi con il tempo in una sorta di cultura di piante d’acqua. Una parte della quale è già realizzata in via sperimentale nel fiume stesso. Proprio lì gomito, a gomito col lungarno Trrigiani, dove attecchisce un miniboschetto rigoglioso.
A noi che non crediamo nelle belle storie, viene il dubbio che qualcosa – anzi più di qualcosa – a Firenze non funzioni. Percarità non certo Publiacquia, che hai suoi vertici una lunga storia di fedelissimi del caro leader, e quindi infallibili, avvolti nella leggenda mediatica: i cosidetti boy toys della politica nuova. Il problema al di la di tutto, è uno solo: vedere su chi ricadrà la responsabilità di tutto questo. Io faccio una ipotesi politica e giudiziaria: su nessuno. Se non sul fato, tessitore maligno d’eventi inattesi. Sul fato e sul fatto che la città è vecchiotta, e andrebbe rinnovata. Chiamiamo uno di quelli che oggi si chiamano archistar, come no? I vari Michelangiolo e Brunelleschi ci hanno stufati.
Dicono che si sta preparando, da parte dell’amministrazione, una prova di allarme esondazione nelle zone del Mugnone, dove lavori vari di tranvie e mille altre cose – come un ponte Bailey che su queste pagine, dicemmo tempo fa, avrebbe creato problemi alluvionali, tesi che l’assessore Giorgetti a qui tempi respinse sdegnoso.
E allora oggi Giorgetti dovrebbe chiedere alla collega Bettini dell’ambiente in Palazzo Vecchio, il perché di queste prove generali d’esondazione. E affidare poi la spiegazione ufficiale ancora al caro leader, che ormai sulla linea dell’utilità delle piscine spontanee, forse spiegherebbe smanacciando, sbarrando gli occhi, ammiccando, che il vero problema del futuro sarà l’acqua, ed è per questo che Firenze si mette avanti, è all’avanguardia: l’acqua la mette anche nelle strade. E potrebbe anche dimostrare che è uno studio antico, in atto fin dagli anni sessanta. La chiamarono alluvione, potrebbe spiegare fra l’irritato e il paziente, solo perché io non c’ero. Noi l’avremmo chiama giornata di studi sull’acquaticità fiorentina.
A proposito: l’Arno, dopo cinquant’anni esatti dall’alluvione, è ancora come allora. Intoccato